Le coscienze dell’intera popolazione italiana, o quasi, appaiono come bizzarri esseri in letargo. Si risvegliano sempre, sistematicamente, in occasione di qualche calamità, qualche morte di un personaggio illustre o per ricordare qualche strage passata.
In particolare, sul finire di gennaio, gli spiriti degli italiani si destano per rammentare alle nuove generazioni, e per far si che quelle passate non dimentichino, gli orrori accaduti nei campi di sterminio durante il periodo nazista.
Tutti gli anni fior fiore di giornalisti e presentatori televisivi manda in onda, rievocando, storie toccanti per ricordare cos’è stato il genocidio di ebrei e non solo, anche con l’ausilio di film e interviste a superstiti, ma il resto dell’anno questo senso, definibile quasi etico, per la Memoria dov’è?
Diverse iniziative sono portate avanti, non certo tramite i mass media, tutto l’anno per salvaguardare e sostenere ciò che è doveroso ricordare, tuttavia quest’anno in Piemonte, regione in cui è nato, si è deciso di abolire il finanziamento al progetto che, forse, raccoglie il maggior numero di adesioni: il Treno della Memoria.
Questo viaggio sulle orme dei deportati, organizzato da Terra del Fuoco, è indirizzato ai giovani delle scuole superiori per sensibilizzarli sui temi della guerra e, in particolare, su quanto è avvenuto nei campi di concentramento. L’associazione, che si occupa dell’organizzazione da svariati anni e cui, nel corso del tempo, hanno aderito numerose regioni, provincie e comuni ha sempre goduto di finanziamenti da parte di privati e, in particolare, di enti pubblici, che consideravano questo tipo di attività fondamentale per la crescita sociale e civile non solo dei partecipanti. Ciononostante da quest’anno, viste le vicende economiche nazionali, la regione Piemonte ha deciso, nel quadro di un ridimensionamento delle sovvenzioni per le attività culturali, di tagliare completamente i fondi per quest’iniziativa.
Migliaia di persone si sono sollevate per opporsi a questa decisione, attivando un movimento di protesta che in breve tempo ha raccolto diecimila firme contro la soppressione del Treno e organizzando varie manifestazioni al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento.
Studenti, professori e organizzatori, accomunati dallo stesso dubbio, continuano nella battaglia per salvare il viaggio, momento conclusivo di un percorso formativo, perché: quale modo migliore potrebbe esserci per “aiutare la memoria” se non andando a vedere di persona i luoghi dello sterminio e riflettendo su ciò che è avvenuto con dei coetanei?
Sicuramente tra i giovani è difficile trovare chi, avendo la possibilità di scegliere una qualunque meta, decida proprio di andare a visitare i luoghi in cui il genere umano ha toccato il suo apice peggiore e il percorso proposto da Terra del Fuoco è, invece, indirizzato proprio ai ragazzi perché sono loro, in quanto depositari del futuro, a dover mantenere vivo il ricordo di ciò che già in parte viene negato.
Ascoltando varie esperienze di adolescenti che hanno partecipato e che ora si stanno mobilitando per salvare quest’iniziativa emerge che quello del Treno non è solamente un viaggio, ma che è il viaggio, quello che ha aiutato a maturare e acuire la coscienza critica di chi è stato disposto a confrontarsi con gli orrori della guerra e a cercare di immedesimarsi nelle vite stroncate dei deportati anche solo attraverso un nome o un oggetto accatastato in una teca ad Auschwitz.
L’idea madre dei promotori del progetto è che con la sua abolizione verrebbe meno la possibilità di constatare con i propri occhi quanto è accaduto e ciò vorrebbe dire assopire maggiormente le coscienze dei più, allontanandoli ancora da un passato sempre più lontano e dai contorni sempre più sfocati anche a causa della fatale scomparsa dei protagonisti.
L’aspetto importante del Treno è che conduce i partecipanti nei campi di stermino, destinati a rimanere come unici simboli della malvagità umana. Tuttavia per tramandare il ricordo non è fondamentale che la destinazione del viaggio sia Auschwitz in quanto i luoghi della memoria sono molteplici e presenti anche sul territorio nazionale: chi impedirebbe una visita alla Risiera di San Sabba a Trieste piuttosto che a Marzabotto o Boves, teatri di stragi nazifasciste, o più semplicemente il Martinetto a Torino, luogo di esecuzione di partigiani?
Se la Regione ha bisogno di tagliare i fondi, perché eliminare proprio quest’iniziativa? Tali vicende, che dovrebbero essere materia di studio, al giorno d’oggi non valgono più nulla? Senza iniziative come questa le milioni di vittime dell’Olocausto scivoleranno lentamente nell’oblio e, allora, è come se morissero nuovamente mentre il menefreghismo dilaga inesorabilmente tra le nuove generazioni.
Monge Carlotta (5C)