La nostra fortuna

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150°Unità. Nazionale soprattutto. Non è cosa da poco; non è cosa da sputare sulla bandiera, da far finta di niente, da ritenere opzionale. E’ cosa da celebrare, con i suoi difetti indubbiamente evidenti, spesso molto gravi.

Da quando l’Italia è stata fatta, qualcuno ha sempre puntualizzato che sarebbe stato meglio evitare. Mondi troppo diversi uniti bruscamente, un accumulo di problemi che già presi singolarmente erano degni di una crisi, dall’economia fragile alla criminalità organizzata, al brigantaggio, ai 21 dialetti incompatibili, all’analfabetismo, alla necessità di sviluppo, in tutti i campi praticamente.

Eppure, già allora, innegabilmente eravamo una nazione.

Personalmente sono giunta alla conclusione (molto banale in effetti) che il passato è passato, ci si può arrovellare sopra fino allo sfinimento, fino allo sventramento di ogni singolo libro di storia più o meno patriottico, si possono sfinire gli spettatori in talk-show ai quali mancano solo più le corde e una pozza di fango nel centro per trasformarsi in un incontro di wrestling, ma quel che è fatto è fatto. Semplicemente. Ormai c’è. E volendo fare proprio dei paragoni col passato, la situazione è decisamente migliorata. Ringraziando il cielo. E ringraziando il cielo oggi noi festeggiamo tutti assieme in piazza, con un tricolore che ci rende fieri ma soprattutto ci dà un’identità, forse non quella che avremmo sempre sognato ma se c’è una cosa che si può fare è cambiare.

C’è un mare di distanza fra noi e realtà come il Kurdistan. Un mare, il Mediterraneo, che non è decisamente dei più vasti. E se qualcuno si sta chiedendo dov’è il Kurdistan, la risposta è quadrupla: Turchia, Iraq, Iran e Siria. Eppure il Kurdistan è uno solo, e desidera dimostrarlo al mondo. Ma non può, gli sparano addosso se ci prova. La parte di popolazione turco-kurda per festeggiare il suo Capodanno deve rifugiarsi nei boschi, scappare alle incursioni aeree e vivere nel terrore degli attacchi con i gas. A noi basta scovare un po’ di ottimismo, di volontà e goderci il nostro diritto di essere i cittadini di una penisola che è nostra, e che con i suoi difetti ci appartiene fino in fondo.

Siamo Italiani, noi che possiamo!

 

Eugenia Beccalli (4F)

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