La primavera è arrivata anche qui, nel nord della Germania, e come previsto non si può davvero chiamare “primavera”. Il tempo di aprile è imprevedibile, tutti gli anni ci sono sorprese nuove, un paio di anni fa ha nevicato una settimana di fila (mi è stato detto) e quest’anno una serie di temporali e tempeste ha colpito il vicinato e dimezzato il boschetto di fianco a casa.
Dopo di che è arrivato maggio e per un momento fulmineo ho pensato che fosse davvero arrivata la primavera. Il clima non è esattamente quello che una persona delle mie parti definirebbe caldo, ma ovviamenete qui con l’assurda temperatura di 18 gradi e uno strato spesso almeno due anni luce di nuvole chiaramente riconoscibili all’orizzonte, si mangia fuori in giardino con tanto di giacca addosso e coperte sulle gambe.
Le ragazze si presentano a scuola in pantaloncini, canotta e una microscopica giacca di jeans, come se fossero appena scese da un aereo di ritorno dalle Maldive e i ragazzi vanno in bici in maglietta di cotone e pantaloni al ginocchio.
Tutti quanti si comportano come se facesse davvero caldo, come se quei due raggi di sole che compaiono ogni due giorni fossero di un bagliore così insopportabile da dover mettere gli occhiali da sole 24 ore su 24. Io continuo a chiedermi se lo facciano apposta per sentirsi più a loro agio, o se semplicemente pensino sul serio che faccia caldo. Perché in quel caso non oso immaginare cosa facciano quando la temperatura raggiunge i 25 gradi: pensano di essere finiti nel bel mezzo del deserto all’ora di pranzo.
E in tutto ciò io continuo a chiedermi se sia già il caso di lasciare la mia giacca invernale a casa e sostituirla con una di pelle, ma sinceramente non sono convinta dall’idea.
Eleonora Croce (4D)