Immaginiamo un mondo improbabile dove non vi sia più il tempo di parlare. Il lavoro, lo studio, la politica, la finanza, ogni cosa occupa il nostro tempo, racchiudendo i nostri pensieri e costringendoci ad accelerare il passo. Il collega e il compagno di scuola provano ad iniziare un discorso, vi è sempre questo interminabile tentativo. Ma la giornata incombe e, ormai si sa, il tempo è troppo prezioso per perderlo in classe. Le ore trascorrono frenetiche, stancando il fisico e bloccando la mente, o magari aprendola, ma di certo impedendoci di fermarci a dialogare con gli altri. Si avrà tempo più avanti, magari il fine settimana. Magari nelle vacanze estive. Magari con la pensione. Poi si arriva a casa, il pomeriggio o la sera, e la televisione offre i soliti volti con la solita cadenza retorica, pronti a spacciare le loro parole come innovative e partecipative. Vorremo rispondergli che sappiamo già quello che vogliono dire, che non ci importa se sanno tenere un discorso. Vorremmo far loro delle domande che già da tempo aspettiamo di poter fare. Ma non possiamo. Uno schermo ci divide. Così osserviamo quelle figure muoversi e gridare. Magari ci emozioniamo. Magari crediamo nelle loro frasi. Condividiamo e contestiamo i loro pensieri. Ma non possiamo intervenire, rispondere, parlare. In questo mondo improbabile non c’è tempo o possibilità di farlo. Ora, immaginiamo di essere qualcuno con un potere straordinario e di poter modificare questo mondo a nostro piacimento. Silenziosamente, fingendo di non esistere, inseriamo un nuovo concetto, una nuova “creatura” nella squallida e di certo non loquace società. Questo nuovo elemento si chiama Internet. Noi tutti conosciamo tale macchina possente, capace di intrappolare nella sua rete informatica miliardi di dati e di restituirli in meno di un secondo. Però non ci basta. A questa creatura ne aggiungiamo un’altra. I Social Network.
Non resta che condire il tutto con i blog, i forum e le chat e mescolare il tutto. A spuntare fuori non sarà altro che la nostra Terra. Tutti questi, sono ingredienti che non possiamo ignorare. Come ricorda M. Castells nel suo “Galassia Internet”, “se non vi occuperete delle reti […] saranno le reti ad occuparsi di voi. Se avete intenzione di vivere nella società, in questa epoca e in questo posto, dovrete fare i conti con la società in rete”. Ed è infatti proprio di una rete che si tratta. Non intesa come connessione elettronica ma come rete vera e propria, fatta di una corda resistente, appiccicosa come una ragnatela. Anche i più convinti alla fine, in un modo o nell’altro, finiranno tra le sue grinfie. Il motivo è semplice: vogliono finirvi. Ognuno di noi, a qualunque famiglia e scuola di pensiero appartenga, ha delle idee proprie, che di certo ritiene giuste. Ha delle opinioni, anche se magari non sono molte o non sono solide. Soprattutto, ognuno di noi ha voglia di esprimerci. Ci tolgono il tempo, e non possiamo farlo dal vivo. Ci incanalano nella televisione, dove però non possiamo fare altro che ascoltare e ascoltare. Quando non ne possiamo più, l’unica è dirlo online. “Il fatto che oggi così tanta gente possa parlare” afferma Y. Benkler in un’intervista del 10 maggio 2007 “fa sì che per ogni individuo sia più facile farsi ascoltare ed entrare in una vera conversazione pubblica”. Condividere i propri pensieri, discutere i nostri gusti, mettere al centro il dialogo (anche se non propriamente a parole) ci permette di gustare una forma così pura di libertà che non sentivamo da molto tempo.
Resta solo più il rischio che, alla fine, nella rete dove siamo incollati arrivi il ragno: se esso abbia la forma delle pubblicità che ogni giorno siamo costretti a sorbirci guardando video e ricercando scritti online, o se assomigli di più al nickname di un malintenzionato nascosto sotto casa che ci aspetta ancora non è chiaro. Quello che è certo è che, citando De Kerckhove al suo intervento nel Convegno Internazionale a proposito dei nuovi Media, “dove inizia il nostro potere di connessione inizia il pericolo sulla nostra libertà individuale”. Siamo sotto la continua osservazione degli altri e di noi stessi, chiunque può sapere tutto di noi con un minimo di pazienza e bravura nel cercare. Qualcuno pensa forse anche che il pericolo della tecnologia sia quello “di creare un grande occhio che seppellisca l’uomo e la sua creatività sotto il suo controllo”. Forse è proprio questa la forma del ragno. Forse aspetta solo di averci tutti nella sua tela per chiuderla su noi stessi, intrappolandoci. O forse dobbiamo solo renderci conto che è internet, oggi, il più grande, libero modo di comunicare del mondo.
Carlotta Pavese (3D)