Immaginate di essere in intervallo. Avete chiesto a un compagno di farsi latore della vostra dose di caffeina perché un contrattempo vi impedisce di fare coda alle macchinette. Tornati in classe, trovate il caffè che vi aspetta sul banco, ma…
La tazzina non fuma. E’ fredda.
Se, prima di quella circostanza, avrete letto questo articolo, saprete che, da un punto di vista fisico, picchiare il vostro amico non servirà a nulla. O meglio, se vi può aiutare picchiatelo pure, ma questo è scientificamente irrilevante. Ciò che conta è che ormai il vostro caffè è diventato pessimo e così rimarrà, ad Aeternum (non provate a riscaldarlo di nuovo, peggiorereste solo la situazione).
Ciò che è successo capitò anche, molto tempo fa, al fisico Rudolf Clausius. Essendo fisico, però, egli non solo non picchiò il proprio amico, ma pensò addirittura di studiare il fenomeno sistematicamente.
Dal momento che Clausius e i suoi colleghi di laboratorio costituivano una comunità numerosa, prepararono qualche milione di caffè, svariate centinaia di tè, cioccolate, decotti, infusi, frappè, vin brûlé e poi succhi di frutta, Bacardi, crodini, martini, cocktails, grappe e liquori. Ciò che notarono prima di perdere conoscenza è che, effettivamente, il cento per cento delle volte le bevande calde tendevano a diventare fredde e le fredde calde, ma mai le calde più calde e le fredde più fredde (sebbene le fredde fossero più fredde di quelle calde e le calde più calde di quelle fredde).
Dopo qualche anno di studio, si capì che esiste una straordinaria proprietà di ogni sistema fisico: tutti i processi naturali avvengono in un solo senso.
E’ del tutto normale che il vostro caffè si freddi da solo: se osservate avvenire spontaneamente il processo opposto significa che, anche voi, avete esagerato con la grappa.
Come primo traguardo non era male, però un po’ scontato e –diciamola tutta- alla portata di chiunque.
Clausius, pertanto, decise di camuffare questa straordinaria scoperta e riformularla in modo che potesse essere capita solo da chi avesse seguito un corso di termodinamica da 8 crediti e-ovviamente- dimostrare al mondo di essere un fine matematico.
Dopo attente ricerche scoprì che l’irreversibilità naturale si portava dietro come conseguenza un’altra proprietà (questa sì più complicata) che poteva essere usata per formulare la legge sull’irreversibilità. Volendo dimostrare anche di avere fatto il ginnasio decise di chiamare tale proprietà entropia, parola dal greco ἐντροπή che significa conversione, svolta, ma anche confusione (in ricordo del glorioso esperimento).
Che cos’è l’entropia? In senso stretto, una funzione matematica, definita dalle proprietà di un sistema (pressione, volume, temperatura, altezza, colore di capelli, numero di scarpe, etc…)
Questa funzione (o meglio, la sua variazione) dice, in pratica che tutto, dalla vostra camera al vostro armadietto, passando per le vostre tasche (o la vostra testa) è disordine.
Il disordine non solo è naturale, ma anche ineluttabile: nell’Universo esso aumenta e non può che aumentare, anche provando a mettere in ordine.
Per capire meglio, facciamo un esempio puramente teorico. Supponiamo che la vostra stanza sia in uno stato indicibile. Immaginiamo che abbiate voglia (lo so che è difficile, fate uno sforzo) di riordinarla.
Dove mettete tutte le cianfrusaglie ammassate sul pavimento, in un cassetto? Nel cestino? Fate pure, ma in questo caso il disordine non viene eliminato, ma solo spostato ad un altro contenitore. Lo avete preso come un fatto personale? Pensate di disporre tutte le cartacce in ordine alfabetico e riporle in uno schedario divise per colore? Ovviamente si può fare, ma… il disordine aumenta lo stesso.
Non è un trucco: il fatto è che voi mettete nello schedario qualcosa che prima non c’era. Senza contare che fareste un lavoro, e questo è una scocciatura.
Immagino di sentire la domanda puntuale di uno studente poco convinto: AMMETTIAMO che sia vero. Cosa vuol dire tutto ciò?
Semplicemente che l’universo si sta avviando ad essere un luogo completamente buio e freddo. Ammesso che non venga fagocitato dai buchi neri o che non si squarci col big-rip. Tutto questo dando per scontato che si riesca a superare indenni il 2012.
Questo, purtroppo, è un altro discorso. Ciò che è importante, in fondo, è capire che non prendere il caffè per un intervallo, tutto sommato, è il minimo che vi possa capitare.
Andrea Gallo Rosso