Noi Torinesi non siamo abituati a vederci circondati dai turisti. Firenze, Venezia, Pisa, Roma, sono da secoli mete di “pellegrinaggi turistici”. Piazze gremite, musei sempre aperti, idiomi diversi che si intrecciano nelle strade. Torino non ci è abituata. Le Olimpiadi del 2006 l’hanno immersa in un’ondata di culture differenti: atleti, fan, appassionati. Uno slancio di popolarità che ci ha fatto conoscere nel mondo e che non si è esaurito con i Giochi Olimpici. Ora la città, dopo essere stata nominata, nel giro di quattro anni, capitale del libro, del design, dei giovani e della scienza, si è trovata ad accogliere più di due milioni di pellegrini – questa volta nel senso religioso del termine – in occasione della Solenne Ostensione della Sindone. Già a pochi giorni dall’inaugurazione i Torinesi si sono accorti che era cominciata ormai una nuova invasione. Sciami di studenti che si spostavano con il naso all’insù, individui che, cartina alla mano, lanciavano occhiate smarrite qua e là, guide che indicavano con l’ombrello le facciate dei palazzi, urlando nozioni storico-artistiche in qualche strano idioma orientale; e poi code sovrumane che intralciavano il passaggio perfino davanti alla Prefettura e un gruppo di coraggiosi cavalieri (les Cavaliers du Saint Suaitre) che, giunti con i loro destrieri da Chambery, occupavano Piazza Castello, fra i saluti delle autorità e gli sguardi estasiati dei bambini: strane novità per la Torino tranquilla e un po’ sonnacchiosa del pomeriggio domenicale. Dai pullman che uno dietro l’altro si sono incolonnati durante i week-end dietro i Giardini Reali, sono scesi migliaia di fedeli e curiosi, desiderosi di osservare, dopo 10 anni dall’ultima Ostensione, quel lenzuolo che avrebbe ospitato il corpo del Cristo, oggetto di contese scientifiche, romanzi avvincenti e forte fede religiosa. Persone diverse, storie di viaggi notturni e di qualche sacrificio per arrivare ad una città da percorrere, osservare, cambiare, che a sua volta ha dovuto imparare ad accoglierle. Una città che sta vivendo, con il suo sano stupore, il lento cambiamento da città industriale a centro culturale e si è trovata davanti ad un’occasione per seguire questo cambiamento e coltivarlo. Non esiste dimostrazione scientifica che la Sindone abbia avvolto il corpo di Cristo prima della resurrezione e forse non potrà mai essere trovata, ma in realtà è poco importante. Per i fedeli simbolo della passione e del sacrificio del figlio di Dio, per gli scienziati oggetto del desiderio di conoscenza e scoperta, ma, ed è ciò che più conta, per i cittadini veicolo di una nuova consapevolezza comunitaria, occasione per accorgersi di un cambiamento che coinvolge e forma una città dinamica. Una città che potrà essere degna del nome di “città d’arte”, perché, anche se i nostri artisti non sono Botticelli, Michelangelo o Da Vinci, sarà chiaro che abbiamo altrettanto da offrire e da apprezzare se i primi ad esserne consapevoli siamo noi, i “nuovi” Torinesi.
Federica Baradello (3F)