Ѐ il 27 febbraio quando Gabriel Cruz, un bimbo di 8 anni, sparisce misteriosamente dalla casa dei nonni ad Almería. Il sei marzo il suo corpo viene ritrovato nel bagagliaio della macchina di una persona di fiducia: Ana Julia, la fidanzata del padre.
Uno dei tanti articoli per “El País” scrive: “il crimine del “pescaito” Gabriel allerta la società dagli squali”. Il piccolo veniva chiamato teneramente “pesciolino” poiché era un vero appassionato di mare e conosceva centinaia di nomi dei pesci presenti nella sua terra. Il suo sogno era quello di diventare biologo marino. Purtroppo la sua vita è stata interrotta prima del previsto. L’intera Spagna piange l’accaduto, chiede giustizia e non si capacita del perché sia avvenuta la strage. La mamma di Gabriel, Patricia Ramirez, chiede apertamente che non si parli più della donna detenuta poiché non merita attenzione e che l’accaduto non si concluda con la rabbia. Nel frattempo i media vengono invasi da foto del pesciolino Nemo, da frasi come “nuoterai per sempre nella nostra memoria” e da messaggi di appoggio nei confronti dei genitori di Gabriel.
Sicuramente qualcuno non esiterà a sottolineare che è stata una donna a togliergli la vita. Sicuramente qualcun altro affermerà senza scrupoli che è stata una persona di colore a compiere quel gesto così inumano.
Ma no, il problema non è che sia stata una donna e neppure che sia stata una persona di colore. Il vero problema è che sia stato un essere umano pieno d’odio a distruggere i sogni di un bambino innocente.
Decine e decine di domande hanno invaso la testa degli spagnoli per giorni interi e continuano a farlo tutt’ora.. Ѐ davvero possibile avere tanta cattiveria dentro, ma continuare a mostrare la doppia faccia in televisione, facendo credere che non sia accaduto nulla? Fino a dove l’essere umano può arrivare a non “essere umano”?
Il male dell’uomo, l’abbiamo visto più volte nel corso della storia, spesso può essere incontrollabile. La storia del “pescaito” Gabriel ne è un chiaro esempio.
Claudia Brizzi