Lily scese le scale che portavano al piano superiore con una canzone di Adele a volume alto che le rimbombava in testa, e fu a causa di questo che non si accorse immediatamente della musica della chitarra.
Quando arrivò al piano inferiore della casa, si diresse convinta alla porta, e fu solo per un caso che il suo sguardo capitò sul ragazzo seduto sopra al suo divano. Quando Lily lo vide, lanciò un urlo che spaventò anche l’ospite inaspettato.
Il ragazzo smise di suonare la sua chitarra e balzò in piedi, voltandosi sorpreso verso Lily e cominciando a fissarla. Lei fece lo stesso, squadrandolo da capo a piedi con espressione accigliata.
Il ragazzo era un tipo piuttosto strano, con i capelli spettinati da cantante rock, di un rosso talmente acceso che era quasi accecante, sicuramente finto, e la pelle pallida come una mozzarella. I suoi occhi erano blu ed erano sorridenti, allegri. Indossava una maglia bucherellata, e Lily pensò a tutti i modi in cui quell’indumento avrebbe potuto ridursi così, arrivando infine alla conclusione che era “alla moda” e che quindi era già stata comprata coi buchi.
Il ragazzo portava dei jeans attillati neri e degli anfibi dello stesso colore.
«E tu chi diavolo sei?» chiese arrabbiata quando ebbe finito di squadrarlo come se avesse dovuto fargli una radiografia.
Lui fece spallucce. «Tu chi diavolo sei?» disse indicando Lily con l’indice.
La ragazza scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. «Non sono affari tuoi, e ora sparisci, devo andare all’università»
Il giovane dai capelli rossi ridacchiò senza alcun apparente motivo e Lily pensò di non essere l’unica “strana” in quella casa.
«Anche io vado all’università, precisamente alla facoltà di psicologia di Berkeley, ho iniziato questo settembre…» Lily lo fermò prima che potesse dilungarsi in un inutile dibattito che sarebbe servito esclusivamente a farle perdere tempo.
«Non mi interessa» gli disse secca.
Lui sembrò rimanerci male, ma ben presto si riprese. «Potremmo andarci insieme» si offrì con un sorriso raggiante sul volto.
«No, ci vado da sola. Non mi fido delle persone che compaiono dal nulla in casa mia»
Il ragazzo fece per replicare, ma ci ripensò. Dopo un silenzio piuttosto lungo si decise a parlare: «Ok, immagino sia tu a dettare le regole qui» fece una pausa «Michael» si presentò tendendole la mano. La ragazza si limitò a guardarla con disgusto quindi, ben presto, Michael la ritirò.
«Sei ancora qui?» disse Lily stizzita, avviandosi finalmente alla porta e caricandosi lo zaino in spalla.
«Cosa vuoi che faccia? Non sono mica un fantasma che si dissolve nel nulla» replicò lui.
Ancora una volta la ragazza lo guardò con aria di sufficienza.
«Ma che scherzo è questo?» mormorò tra sé chiudendo Michael in casa.
Quando fu il momento del pranzo alla mensa dell’Università, Lily lanciò un urlo così acuto che si sarebbe potuto sentire fino alla Baia di San Francisco. Non poteva crederci, quell’essere dai capelli da matto aveva il coraggio di comparire di nuovo dal nulla per farle fare brutta figura con gli amici. Aveva ancora la sua chitarra tra le mani, ma questa volta portava in spalla uno zaino da studente proprio come quello di Lily.
«Per caso è il tuo hobby urlare come una pazza per spaventare tutti?» le chiese Michael raggiungendola.
Lily lo fulminò con lo sguardo e lui fece l’indifferente.
«Ti va di fare un giro?» chiese all’improvviso.
La ragazza gli lanciò l’ennesima occhiataccia, ma Michael si affrettò a spiegare: «Andiamo alla stessa università, abbiamo la stessa età, non credi che sarebbe il momento di conoscerci? Giusto per capire il motivo del nostro incontro inaspettato»
Lily lo guardò scettica: «Il motivo del nostro incontro inaspettato?» esitò, ma poi si rese conto che non era affatto una cattiva idea.
«Okay, facciamo un giro»
Lungo il vialetto, davanti allo specchio d’acqua al centro del parco dell’università, i due si scambiarono le loro impressioni…
«E così hai scelto psicologia perché ti piacerebbe sapere cosa frulla nella testa dei matti?» domandò Michael.
«Ho già una certa esperienza. Frequento uno psicologo, sai?»
Il ragazzo con i capelli da pazzo rise e Lily non ne capì il motivo, ma decise di ignorarlo. Il giovane continuò: «Nel senso che è il tuo fidanzato?»
«No idiota, nel senso che lo conosco. Non è poi così male, parliamo di un sacco di cose interessanti. Tu ne avresti bisogno…» disse Lily scherzosamente. A Michael però non sembrò affatto divertente.
«Sì, forse ne avrei bisogno, me lo dicono in tanti»
Passarono tra un gruppo di persone che cominciarono a fissarli in modo strano.
«Che cos’hanno da guardare? Non hanno mai visto qualcuno come me?» domandò la ragazza.
«Non guardano te, stanno fissando me»
«Impossibile» rispose Lily e Michael le lanciò un’occhiata di sottecchi senza però ribattere nulla.
Gli sguardi non vennero distolti fino a quando non furono troppo lontani.
«Ma secondo te sono un tipo strano?» disse Michael a un certo punto. «Con questi capelli da pazzo…»
«Ma no, devi essere te stesso» le rispose lei sorridendo.
«Raccontami tutto allora» disse il dott. Eriksen
Lily: «Ci siamo incontrati per caso, e devo dire che all’inizio non credevo fosse una cosa buona, insomma, è un tipo piuttosto strano, con i capelli da matto, la chitarra sempre in mano, eppure…»
Michael: «Sì insomma, il nostro incontro è avvenuto in circostanze un po’ confuse, ma non credo che ci sia nulla di male in questo, eppure…»
Dr. Eriksen: «Eppure cosa?»
Lily: «Eppure è un tipo simpatico, costantemente allegro, non pensavo di riuscire a trovarmi bene con lui. Come ho detto, non mi andava molto a genio all’inizio, ora però sono disposta ad essergli amica e ad aiutarlo. Aiutare le persone è uno dei piaceri più grandi secondo me»
Michael: «Senza dubbio è una buona amica, eppure non so se sarà in grado di aiutarmi, perché credo di dover risolvere i miei problemi da solo»
Dr. Eriksen: «Molto bene» si appuntò una serie di informazioni sul block notes e continuò: «Perché secondo te è successo?»
Lily: «Non lo so, credo sia successo per rendere questo periodo più sopportabile»
Michael: «La penso come lei, secondo me è accaduto per lo stress, in un momento duro come questo immagino che un’amica in più non faccia male»
Dr. Eriksen: «Perché lo consideri un momento duro?»
Lily e Michael contemporaneamente: «Per l’inizio dell’università ovviamente»
Dr. Eriksen: «E come pensi che questa amicizia andrà avanti?»
Lily: «Non ne ho la più pallida idea»
Michael: «Sinceramente? Credo che sarò in grado di risponderle solo tra un po’ di tempo»
Il dr. Eriksen annuì. «Ok allora, aspetta fino a quando non avrai qualcosa da dire al riguardo, poi ci rivedremo. Però questa situazione dovrai risolverla prima o poi…»
Lily era in casa, e Michael era con lei.
«Perché mi segui sempre? Perché non puoi lasciarmi un attimo in pace?» urlò la ragazza frustrata dopo una brutta giornata in coi il giovane con i capelli rossi non aveva fatto altro che causarle problemi.
«Non sono io che ti seguo, sei tu che segui me» rispose lui pacato, anche se la sua solita allegria era sparita.
«Non è possibile, non è possibile!»
«Perché non dovrebbe esserlo?»
«Perché sei una maledetta allucinazione che esiste solo nella mia testa!» sbuffò Lily ora furiosa.
«Ma tu sei pazza! Non sono un’ allucinazione!»
«Non dirmi che sono pazza!»
Michael tacque.
La ragazza prese un lungo respiro cercando di placare la rabbia che quell’irritante elemento -Michael- provocava in lei e disse: «Sparisci, non ho più bisogno di te!»
«Ma cosa stai dicendo? Io non posso sparire nel nulla, non sono un’allucinazione! E poi chi ha detto che sia tu ad avere bisogno di me e non il contrario?»
«Smettila di far finta di non sapere quello che sei in realtà, perché è inutile, io avevo capito che fossi un’allucinazione dal primo momento in cui ti ho visto. Non potevi essere reale con quei capelli da pazzo che ti ritrovi e il tuo insopportabile carattere… Anche il dottor Eriksen ha detto che prima o poi questa situazione assurda avrebbe dovuto essere risolta»
Michael sbuffò: «Te l’ho detto, non sono la tua stupida allucinazione, tu non sei schizofrenica, non puoi esserlo»
Lily non lo ascoltò e si limitò a ripetere ciò che aveva affermato in precedenza: «Sparisci, va’ via. Non ti voglio più vedere»
Il ragazzo dai capelli rossi, furioso, fece come gli era stato ordinato, uscendo dalla porta e sbattendosela alle spalle.
Era chiaro anche agli occhi degli estranei che avesse litigato violentemente con qualcuno.
Lily continuò a guardarlo dalla finestra mentre attraversava la strada e si allontanava, sperando di essersi finalmente liberata di lui. Michael non era reale, non lo era mai stato, e lei era pazza, schizofrenica.
Fu proprio pensando questo che assistette all’incidente.
Vide una bicicletta andare verso il ragazzo, ma lui era troppo arrabbiato e distratto per accorgersene, mentre il ciclista guardava altrove e non davanti a sé. Cercò di avvertirlo, ma era ormai troppo tardi.
L’ambulanza arrivò cinque minuti dopo per portarlo in ospedale.
Michael aprì gli occhi e si ritrovò davanti il volto di Lily.
Era sdraiato su un letto d’ospedale, coperto da lenzuola bianche e con la testa pervasa da un fastidioso dolore. Ricordava quello che era successo, e sapeva con certezza che non era nulla di grave.
I farmaci l’avrebbero guarito, e sarebbe tornato come nuovo in un paio di settimane o meno, ma le medicine non avrebbero dovuto portare via solo il dolore, ma anche qualcos’altro.
Eppure Lily era lì a fissarlo con sguardo preoccupato.
«Stai bene?» chiese ansiosa.
«Credevo non mi volessi più vedere»
«Ed è così, ma con ‘sparisci’ non intendevo ‘fatti investire da una bicicletta’. È ovvio che il ciclista non ti abbia visto, ma non avrebbero dovuto ricoverarti. Tecnicamente tu neanche esisti»
Michael sospirò. «A proposito di questo, c’è una cosa che dovrei confessarti»
Lily gli fece un cenno, segno che l’avrebbe ascoltato.
Il ragazzo attese a lungo prima di parlare ed infine si decise a cominciare: «Io sono… Sono schizofrenico»
“Io sono schizofrenico”. Proprio questo intendeva dire, ed era vero al cento percento.
Dopo un lungo silenzio Lily rise. «Non prendermi in giro, sono io ad essere pazza, e tu sei la mia allucinazione. L’allucinazione di uno schizofrenico non può essere schizofrenica»
«Era quello che credevo anche io»
«Michael?» li interruppe la voce di un’infermiera. «Con chi stai parlando?»
Michael lanciò un’occhiata a Lily e poi rispose: «Con nessuno signora»
La ragazza aveva un’espressione sconvolta.
Si toccò il petto, le spalle, le braccia. Si alzò dalla sedia su cui era seduta e guardò l’infermiera.
«Michael sta parlando con me! Perché non mi vede? Parla con me!» urlò, ma la donna non voltò mai la testa verso di lei.
«Io… Io credevo che fossi tu la persona che non esisteva e io quella reale…» si risedette sulla sedia.
Il giovane dai capelli rossi rimase in silenzio per lungo tempo, fin quando l’infermiera non se ne fu andata e i due rimasero soli, poi disse: «È il momento che tu sparisca, o i farmaci ti cacceranno via al posto mio. Ho bisogno di risolvere i miei problemi da solo, ma ti ringrazio per l’aiuto che mi hai offerto»
Lily ancora stentava a crederci, ma sapeva che doveva andare, per Michael. Così annuì e si sporse sul letto per abbracciarlo.
Il ragazzo accolse l’abbraccio con piacere, ricambiò e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì nella stanza era solo.
Isabella Scotti (1L)