Il Sole stava già sorgendo sulla penisola italiana quando le prime notifiche con i risultati hanno cominciato ad arrivare. All’inizio è stato un testa a testa, ma poi Trump ha iniziato ad andare più veloce. Lo scrutinio dei voti è stato comunque molto lento.
Entrambi i candidati si sono scelti due quartier generali. Trump ha optato per la sua sontuosa Trump Tower mentre Hillary ha preferito il Convention Centre, sufficientemente grande per contenere il suo numeroso staff.
Tutti e due erano molto sicuri della loro vittoria tanto che Hillary aveva già anche trovato una definizione per suo marito: “First Gentleman”.
Alla fine i risultati però sono diventati definitivi. Noi ne siamo venuti a conoscenza a partire dalle 7 del mattino.
Nelle settimane precedenti il resto del mondo era sicuro del verdetto. Si immaginava già Hillary a salutare tutto il District of Columbia dal balcone della Casa Bianca e Bill coltivare cavoli (rigorosamente biologici) nell’orto, come Michelle Obama. E perché si poteva pensare che la Clinton potesse non vincere? Aveva già vissuto alla Casa bianca per ben 8 anni, è stata senatrice e anche Segretario di Stato sotto il primo mandato di presidenza di Obama. Oltretutto ha ottenuto un maggior consenso popolare dopo i confronti diretti dopo Trump in ottobre. Insomma, tutti i punti sembravano a suo favore. E invece no! Trump ha vinto, Clinton ha perso. Ma perché? Perché molti pensavano avesse buone idee? Forse. Perché molti sostenitori di Hillary, quali persone di colore e ispanici, non potevano permettersi a livello economico di perdere un’intera giornata di lavoro? Può darsi. Non si può negare che molta della popolazione bianca abbia votato per il Partito Repubblicano, portando Trump alla vittoria. Molti, ovviamente, lo sostengono per le sue idee, altri tuttavia hanno probabilmente votato per protesta. Ormai le persone fanno così. Votano per protesta più che per convinzione. Votano per protestare contro il partito al governo, il partito che i loro stessi voti hanno portato alla vittoria, ma che magari poi non le ha soddisfatte. Ormai ognuno pensa di poter fare il presidente quando magari non è neanche capace di accendere un computer.
Comunque sia, l’America ha scelto. Ha scelto di dare codici nucleari a un uomo che perde la testa per un Tweet.
Siamo passati da un Premio Nobel per la Pace a uno che simpatizza con Kim-Jong Un e che rischia di far sprofondare il mondo in una guerra nucleare.
Per ora è tutto.
Niccolò Bertello (1L)