Lettera dal fronte

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                                                                                Piave, 30 Ottobre 1917

Cari mamma e papà,

vi scrivo per raccontarvi le mie condizioni qui in trincea. C’è un clima di tristezza e di disagio perché abbiamo appena subito la disfatta di Caporetto ed ancor di più perché ieri ho avuto il dispiacere di perdere un mio fedele compagno, ucciso dal colpo letale di un proiettile e questo mi ha fatto ripensare a quanto la nostra vita possa essere fragile … è appesa ad un filo sottile che da un momento all’altro si può rompere o spezzare. Nonostante ciò cerco di non perdermi d’animo e di combattere, pensando agli ideali che mi hanno spinto fino a qui. Abbiamo attraversato il Piave da pochi giorni e ora spero che arrivino i rinforzi di cui ci hanno parlato, così da essere pronti per una vittoria schiacciante nella prossima battaglia.

 

Ho avuto l’opportunità di conoscere molte persone che mi hanno aiutato a superare le mie difficoltà e le mie paure. Tutti noi abbiamo paura: paura della sofferenza, paura della morte, paura di rimanere soli a dover affrontare il nemico … però abbiamo anche speranze: speriamo di tornare a casa, di riabbracciare i nostri cari e di tornare alla vita di tutti i giorni. Mi sono accorto che anche la parte avversaria ha i nostri stessi timori e desideri, perché in fondo se ci togliamo queste uniformi siamo uguali; ossia esseri umani che tendono alla prosperità e non alla sofferenza. Ho potuto anche constatare che uccidere non è facile: mi è capitato più volte di trovarmi di fronte un soldato nemico che dovevo eliminare, però non l’ho fatto perché per fortuna ho trovato una scappatoia che ha permesso a lui e a me di essere salvati, ma fino a quando? Per noi è difficile capire come la nostra classe dirigente possa trarre dei benefici dalla guerra. Sappiamo solo che andiamo in battaglia però non sappiamo se rivedremo mai la nostra famiglia e torneremo incolumi.

 

Le trincee sono orride: sono fredde, umide e molte volte ci sono pulci e altri parassiti che ci infastidiscono. Il rancio è povero, mangiamo zuppa di verdure quando siamo fortunati, se no ci nutriamo a acqua e gallette. Durante le azioni di guerra devo fare anche attenzione agli spargimenti di gas nocivo. Questo è più subdolo dei proiettili, perché non è necessario essere colpiti direttamente.

 

Tutte le sere mi addormento pensando a voi e a i miei amati libri, che ho voglia di riprendere a sfogliare presto. Con questa lettera spero di non portarvi tristezza e dolore, bensì solo la consapevolezza di questa realtà che sto vivendo.

 

Un abbraccio

Marco

 

Orsola Robasto (1C)

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