Il Liceo Classico porta bene i suoi 158 anni. Qualche acciacco qua e là, ma non ci si può lamentare. Nato nel lontano 1859 con la Legge Casati, a 64 anni, nella sua piena maturità, diventa il fiore all’occhiello della Riforma Gentile, che permette ai soli allievi del Classico l’accesso all’Università. Ma si sa, prima o poi la vecchiaia arriva, gli anni diventano un peso, i vecchi brontoloni danno sempre più fastidio e a fatica vengono sopportati. Il Classico viene così processato a 155 anni. Il verdetto, grazie all’avvocato difensore Umberto Eco, è sorprendente: “assolto perché il fatto non sussiste”.
Da quattro anni, il Classico ha addirittura una festa tutta per sé: la Notte Nazionale del Liceo Classico, un evento pensato per condividere l’arte e la bellezza che il 13 gennaio 2018 ha coinvolto più di 270 scuole in tutta Italia, tra cui la nostra.
Brindisi a parte, la vera ragione di questo evento sta nella domanda che ci si pone da vent’anni: ha ancora senso il liceo classico oggi? Ebbene, 15.000 persone tra studenti e insegnanti hanno provato a rispondere il 13 gennaio. Ancora una volta, tuttavia, gli antichi ci tolgono le parole di bocca: “che bella cosa è l’uomo quando è uomo veramente” (fr.484). Nelle parole del commediografo greco Menandro è racchiusa l’essenza dell’eredità classica. Cosa vuol dire essere uomini? È molto più di una condizione di natura, molto più del semplice vivere. Significa dare un senso e una forma alla bellezza unica che racchiudiamo, essere la completa espressione di noi stessi. Significa creare qualcosa fatto di noi. L’eredità della civiltà greca e romana è esattamente questo: pura espressione di una natura immutata nei secoli, sempre imperfetta, labirintica e, a modo suo, straordinaria. Quando la natura umana prende forma, che si tratti di musica, poesia o prosa, succede qualcosa di meraviglioso di fronte a cui non si può far altro che ammirare. Admiror in latino significa “ammirare”, ma anche “domandare”. È esattamente questo il duplice rapporto che abbiamo con i testi antichi, fatto di meraviglia e dialogo allo stesso tempo. Oggi più che mai c’è bisogno di un po’ di meraviglia. Non possiamo stupirci davanti al “nuovo” perché questo non esiste più, è scontato nel momento in cui nasce. Allora ecco che il “vecchio” diviene un’esigenza. Paradossalmente è proprio il passato a sorprenderci ed è quindi ciò di cui abbiamo più bisogno per ritrovare quell’”essere uomini” che ci siamo persi lungo la strada. In questo senso il Liceo Classico risponde ad un bisogno, quello di recuperare ciò che stiamo lasciando indietro e di farlo nostro. A noi il dono più grande: conoscenza, amore e tanta meraviglia, verso gli altri e verso noi stessi.
Ma torniamo alla domanda iniziale. Una risposta è arrivata anche dall’ospite d’onore di quest’anno, Piero Bianucci. Il noto giornalista e divulgatore scientifico propone un Liceo Classico non solo “classico”, basato cioè sull’idea del dialogo necessario fra sapere umanistico e scientifico, indivisibili e complementari. In una parola: interdisciplinarità. Sembra quasi di sentire le parole di Eco in occasione del processo al Liceo Classico del 2014: “Sto pensando alla nascita di un liceo umanistico-scientifico”. Non ci ricorda qualcosa? L’interdisciplinarietà è il fondamento del nostro Liceo Classico Europeo, nato per favorire il dialogo e l’incontro tra i suoi tria corda, l’area umanistica, linguistica e scientifica. Poliedrico e variegato, il nostro indirizzo si inserisce perfettamente in questa esigenza di rinnovamento. Poliedriche e variegate, poi, sono state anche le altre attività previste per la Notte Nazionale: dalla musica al teatro, dai dibattiti alle letture in lingua. L’occasione per studenti e insegnanti di portare sul palco la propria idea di scuola, di ricordare cosa significa dialogare col passato, coglierne la bellezza e allo stesso tempo promuovere l’armonia dei saperi che lo rende unico.
Una domanda, tante risposte. Il valore del Liceo Classico, in fondo, si misura proprio nelle idee di chi lo difende. Solo attraverso il continuo dialogo con il passato, impariamo ad amare e ad amarci. Solo così non dimenticheremo mai come “essere uomini”, come dare forma alla bellezza di cui parla Menandro.
Elena Catalanotto