Sono uscita dall’aeroporto e ho scoperto che fuori si era scatenato l’inferno. Vento, pioggia e grandine, sembrava una riproduzione odierna del diluvio universale; io sono arrivata in Germania, in pieno agosto, sperando di godermi ancora un po’ di estate (“in fondo ad agosto vuoi mica che faccia freddo!”). E invece no. Dopo questo solidale e caldo benvenuto, sono arrivata in quella che quest’anno chiamerò casa e ho scoperto che più che una casa è una riproduzione a grandezza naturale del tabellone di Cluedo, sviluppata in quattro piani; non che io mi stia lamentando ma a mio parere una stanza intera dedicata agli strumenti musicali e una allo sport non sono proprio quelli che si definirebbero spazi essenziali alla sopravvivenza, per non parlare di quella con il biliardo. Dopo il giro della casa il padre mi ha comunicato che avrei potuto disfare le mie valigie in pace perché lui sarebbe andato a correre e io ho pensato fosse una battuta considerando l’immagine apocalittica che si poteva osservare dalla finestra. Era serissimo. E a quel punto ho realizzato che il mio anno in Germania è cominciato.
Dunque dovete sapere che qui i programmi non si sconvolgono di una virgola se si mette a piovere, non importa la quantità d’acqua che ti si precipita a secchiate sulla testa, non importa se piove tutto il giorno, tutta la sera o direttamente tutta la settimana.
La seconda cosa in ordine di importanza è l’incredibile velocità con cui diventa buio: quando sono arrivata il sole tramontava alle dieci di sera, nell’arco di un mese è passato alle sette e mezza e in questi giorni girare con la bici alle quattro e mezza di pomeriggio può essere pericoloso tanto quanto le due di notte, se si considera il fattore luce.
La terza cosa che io trovo sinceramente sconvolgente è l’utilizzo continuo che la gente fa della bici: si va a scuola in bicicletta: si va a fare la spesa, si incontrano gli amici, persino se si deve prendere il treno si va fino alla stazione, il tutto in bicicletta. Ora, io non sono generalmente una persona sportiva e infatti non usavo la bicicletta più o meno da quando ho imparato ad andarci senza le rotelle. Non credo neanche di averla una bicicletta. Perciò il primo giorno di scuola è stato traumatico e per tornare a casa ho dovuto usare Google Maps; alla fine ovviamente ci sono arrivata e ho scoperto di aver bucato una ruota di quella dannata bicicletta senza avere la più pallida idea di si faccia a bucare la ruota di una bici.
E nonostante tutto questo, che voi ci crediate o no, mi sto divertendo da morire e sinceramente non so spiegare chiaramente il motivo, so solo che questo ha tutta l’aria di diventare davvero l’anno più bello della mia vita.
Elisabetta Croce (4D) – corrispndente dalla Germania