L’intervista

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“[…]Però era una sensazione.. direi quasi, accogliente.
Tutte le notti, nel momento di coricarmi nel letto e chiudere gli occhi.. io c’ero.
In qualsiasi letto fossi, in qualunque parte del mondo mi trovassi, da solo o in compagnia.. comunque il mio corpo c’era ed era sempre lui.
È stata la costante di tutte quelle notti, forse l’unica costante, la presenza del mio corpo nel momento del sonno. Di notte e a volte pure di giorno, quando l’unico momento di riposo che trovavo era nel diurno.
Mentre la maggioranza degli Altri si stava rompendo i coglioni, cercando di capire, nella penombra, quale fosse la scarpa destra e quale la sinistra, senza forza nelle palpebre, io buttavo il mio corpo su una superficie preferibilmente morbida, e dormivo. E c’ero sempre. Sempre io.
Il mio familiare e tiepido guscio di carne attiva, sì, è forse quello che più di tutto mi manca.
Le sensazioni che riuscivo a percepire, anche con violenza, alle volte.
Lei, giovanotto, dirà: che razza di egocentrico vanesio è uno che pensa questo! Uno stronzo!
Ma vede, il punto è che gli Altri.. gli Altri hanno le loro esperienze. Hanno le loro sensazioni. Gli Altri hanno le loro cose, punto e basta. Ed è bello, per carità, che ci si incontri di quando in quando, a scambiarsi opinioni e perplessità, rispetto a quello che provo io, quello che provi tu.. scusa, sì, mi concedo la libertà di appiopparti la seconda singolare, ho sempre odiato il distacco semantico..
Sempre che non ne sia turbato…”
                                                  “No, prego, continua pure”
“Ecco, però no, vedi.. è essenziale che tu continui invece a mantenere il Lei, nei miei riguardi.. la professionalità è importante, mi capisci?”
                                                   “D’accordo, mister, come preferisce”
“…”
                                                   “…”
“Qual era la domanda?”
                                                   “Quale domanda?”
“Quella.. la domanda.. la domanda a cui stavo rispondendo prima.. bah, pazienza! Mi tornerà in mente. Fammene un’altra”
                                                   “Quale domanda preferirebbe?”
“Non lo so.. non è hai qualcuna in scaletta?”
                                                   “Non c‘è nessuna scaletta, mister.. non ci sono domande..”
“Bè.. allora inventane”
                                                    “Com’era il suo rapporto con suo padre?”
“No, per favore, niente domande da psicologia spicciola. L’intimità che racchiude le botte che mi dava mio padre e il numero massimo di seghe che son riuscito a farmi dall’inizio alla fine di un porno rimane chiusa a chiave e a te non deve interessare”
                                                    “Che ore sono?”
“Ma che domanda è?! Lo vedi bene che sono mezzo nudo! Non è che sotto st’asciugamano ci sta un orologio a pendolo! Impegnati, sù”
                                                     “Che tipo di domanda le piacerebbe?”
“Ma non lo so! Qualcosa.. sulla mia vita, suppongo”
                                                     “Le piaceva la sua vita, mister?”
“Mah.. credo di sì. Ci sono stati i soliti alti e bassi.. ma è nel mezzo che ho vissuto di più. Alquanto noioso, il mezzo, no? Invece i punti in cui ho toccato il fondo, a pensarci bene.. sono stati quelli in cui mi sono divertito di più. Tutti quei casini, le sfighe, le figure di merda.. erano Quelle che aveva senso raccontare. E poi i sorrisi. Ecco, i sorrisi, ancora più degli sguardi, delle scopate, degli eventi in sé. I sorrisi di tutti quelli che ho conosciuto, amato, ma pure a malapena incrociato.. sono i sorrisi la parte che mi piace della mia vita”
                                                       “E ora che è morto, signor Bitter?”
“Morto? … come morto?”
                                                                                                                                                                                                   Buio. Sipario.

Guido Bertorelli

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