L’Islam in India

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In India vi è una miriade di religioni che convivono in una sola e vasta nazione: l’induismo, il jainismo, il buddhismo, il sikhismo e le sette religiose minori, come quelle Parsi. Ovviamente la prima citata è la maggiore delle religioni presenti nello stato indiano; ma vi è anche un’alta percentuale di una religione arrivata dall’occidente in India che è al secondo posto dopo l’induismo: l’islam.

Essa è stata impiantata a poco a poco in India dal VII secolo d.C.

Scrivere “impiantata a poco a poco” è giustificabile dal fatto che all’arrivo delle popolazione arabiche in India, mentre le altre religioni arrivate prima furono ben accette dai monarchi indù, questa non fu molto gradita dalla popolazione stessa; ciò a causa delle sue grandi differenze dalle tradizioni indiane e dalle loro stessi arti figurative complesse per rappresentare ogni dio, gesto che i musulmani non fanno perché il loro unico dio, Allah, è astratto e quindi impossibile da raffigurare.

Ecco perché la religione islamica indiana si è distaccata nei secoli da quella del nostro oriente, creando delle immagini musulmane “sante” (come diremmo noi), riducendo le cinque preghiere verso la Mecca ad una sola, possibilmente svolta dopo il tramonto. Inoltre essi conoscono anche molto bene la lingua araba, sia parlata che scritta, in quanto devono sapere cosa significano le loro preghiere e devono leggerle nei testi sacri quali il Corano.

Riguardo la loro cultura alimentare, i cibi arabi e quelli indiani sono mischiati e convivono insieme perfettamente, con l’aggiunta in essi di spezie più piccanti di quelle che utilizzano gli indù.

Una grande differenza fra induisti e musulmani è la loro divisione sociale: i primi si dividono in caste e sottocaste, che non sono scalabili, dunque non si può aumentare di rango, se non dopo la morte e la rinascita, mentre i secondi utilizzano come noi i ceti alto, medio e basso, pertanto possono benissimo aumentare di grado e non sono così relazionati al proprio livello come gli indù, ma possono avere rapporti con qualsiasi membro di un altro ceto.

Invece, nella vita quotidiana degli islamici permangono i costumi islamici quali il purdah, cioè il velo semiscoperto, il burqa, cioè il velo intero e l’uso del narghilè.

Nonostante ciò alle origini ci furono molti confitti, che si placarono dopo moltissimi anni.

Con la fine dell’impero coloniale britannico in India, questi conflitti riesplosero, perché negli ’20 nacque in India un movimento di indipendenza indiana, guidato dal mahatma Gandhi, che desiderava un’India unita da tutti i punti di vista e  sebbene le varie religioni presenti sul suo suolo, islamismo incluso. Ovviamente ci furono dei disaccordi da parte di questi ultimi e Mohammad Ali Jinnah fondò la lega musulmana, che non condividendo le idee del capo del movimento di indipendenza pretese a tutti i costi uno stato separato per i musulmani: il Pakistan costituito da due parti ben distinte geograficamente, senza nemmeno un collegamento territoriale: il Pakistan Occidentale (Punjab) e il Pakistan Orientale (il Bengala, attualmente il Bangladesh).
A causa di ciò, Gandhi fallì la sua missione di creare un’India indipendente e unita allo stesso tempo e non festeggiando l’indipendenza di un paese che non era veramente unificato come il mahatma avrebbe voluto.

Infatti egli finì vittima di un estremista induista che l’accusava di proteggere i musulmani.

Questo determinò la riapertura degli scontri fra induisti ed islamici. Tutto ciò provocò scontri con la morte, si valuta, di milioni e milioni di persone.

Ma in India restava invece una comunità vastissima di musulmani, attualmente valutata in circa 150 milioni che fa sì che l’India, paradossalmente, possa considerarsi uno dei più grandi paesi in cui è presente la religione musulmana nel mondo.

I discendenti di quegli islamici restati in India, i musulmani di oggi, nel tempo si sono amalgamati con le altre culture religiosi, fino a quasi raggiungere una fusione culturale, assimilando costumi e credi religiosi e venendo a conoscenza dei testi sacri induisti; questo è avvenuto anche se, o meglio perché, gli stessi indù hanno assunto dei costumi occidentali dagli inglesi e sciogliendo le loro stesse strutture gerarchiche, atto che ha facilitato di molto questa amalgamazione generale e ha fatto diventare, almeno in parte, l’India come Gandhi avrebbe voluto: senza diversità di diritti in base alla religione che si sposa.

 

Fabio Tesauro (2B)

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