Tira vento sul marciapiede appena fuori l’Aeroporto de Lisbona, c’è un’aria scura, minacciosa. Una brezza fresca, arrabbiata, ci colpisce in pieno viso mentre aspettiamo l’autobus.Quell’autobus che come se fossimo bimbi , ci condurrà per mano nel cuore vero di Lisbona. Siamo tanti, occupiamo tutta la banchina con le nostre valigie colorate. C’è profumo di città, di metropoli, con il brulichio di Mercedes-taxi color crema e l’affaccendarsi di turisti in ritardo. Sullo sfondo enormi cartelloni pubblicitari creano intervalli colorati nel cielo grigio di nuvole. In un attimo sfrecciamo in mezzo al traffico dell’ora di punta e sotto i nostri occhi, come un film in velocità, scorre Lisbona, riassunta e compattata in quella mezz’oretta di viaggio. Appaiono in una fugace visione grandi murales variopinti sui palazzi, quasi disegni di un bambino ambizioso che profumano di energia vitale la cupa periferia e una luminosità limpida si spande nell’atmosfera man mano che ci avviciniamo al centro. Le strade si fanno sempre più strette, fitte, con istinto di protezione sembrano stringersi attorno al punto nevralgico del nostro viaggio, il punto di raccordo dei nostri itinerari: il nostro ostello. Adesso c’è un’aria di approccio, di ambientamento, sistemiamo le nostre cose in un’allegria generale da primo giorno di vacanza e usciamo. Forse solo ora ci rendiamo conto di essere a Lisbona. Lisbona, con l’oceano che arriva quasi in piazza, con quel suo fascino così familiare ma così estraneo, in quella sua veste così cittadina ma così marittima, con quella sua aria così metropolitana ma così di paese. A Lisbona tutto è così noto ma così arcano. A partire dalla lingua, nell’ideologia comune così romanza e neolatina, ma in realtà così tanto araba. O la Via Augusta, nel cuore palpitante della capitale, così commerciale, così europea, con le rassicuranti insegne dei più noti marchi, nella quale irrompe bruscamente il meraviglioso spettacolo di Praça do Comèrcio, che sotto un rosso tramonto ti fa scivolare tra le dolci braccia dell’oceano. Lisbona si nasconde, ti inganna; ti fa tranquillamente passeggiare nel folto verde del Parque Naturale de Sintra, nella parte più occidentale del Portogallo, per poi d’improvviso sbigottirti e toglierti il fiato con alte torri dalle punte dorate e un fiabesco castello incantato, sogno di qualunque principessa. E’ capace di accendersi nella vibrante vita notturna del Bairro Alto e travolgerti nello sfrenato ritmo delle discoteche lungo il mare, ma anche di avvolgerti nel profumato intrico di “becos” attorno al Castelo do Sao Jorge, in un bianco labirinto di favola. Lisbona occorre viverla, occorre prendere un caffè al Brasileira, al fianco del bronzeo ricordo di Pessoa, tra i più importanti poeti dell’estremo Occidente europeo. Occorre assaporare lentamente la molle dolcezza della crema dei “pastel de Belem”, perdendosi nella visione estatica di “azulejos”, a formare un’opera d’arte così armoniosa e così particolare. Occorre gustarne l’essenza, coglierne la più profonda anima, tanto bella quanto ancora selvaggia e inesplorata.
Ilaria Pasin (5C)