Care lettrici, cari lettori,
quello che sto per scrivere è un articolo ben lontano da quelle che sono le tradizioni giornalistiche: sto per descrivervi un fatto realmente accaduto nella città di Torino pochi giorni orsono, ma sappiate che non mi atterrò all’imparziale freddezza tipica dell’articolo di cronaca; al contrario tenterò di trasferire su queste righe tutta la rabbia e lo sgomento che mi hanno investita nell’apprendere una simile notizia.
Partirò con un breve preambolo: qualche settimana fa l’anziana madre di un mio lontano parente da parte di padre è mancata all’affetto dei suoi cari. La signora, novantaduenne, veniva accudita giorno e notte da una badante, una signora cordiale venuta in Italia dalla Romania per cercare nel nostro Paese miglior fortuna. La signora possiede un regolare permesso di soggiorno, un contratto di lavoro e tutte le carte in regola che le permettano di vivere secondo le leggi del nostro Paese.
Qualche giorno dopo la morte dell’anziana, la signora Genoveffa (la badante) si è recata ad una sede A.S.L. per motivi personali ed allo sportello ricevimento pubblico ha avuto la fortuna di essere accolta da un’impiegata che l’ha intimata di lasciarle la propria tessere sanitaria in quanto non ne aveva più il diritto essendo momentaneamente disoccupata.
Fortunatamente Genoveffa proviene da un paese molto simile al nostro, la Romania, in cui solo chi urla più forte riesce a far valere i propri diritti; non si è lasciata intimorire ed è arrivata a parlare con le alte sfere dell’ufficio imponendo con forza i propri diritti: la tessera sanitaria, che le garantisce il diritto all’assistenza medica, non le è stata ritirata.
Questo è quello che è successo. Una storia dalla semplice crudeltà. Una storia di sopravvivenza quotidiana di chi è ingiustamente giudicato dal malevolo occhio della società.
Vorrei che chiunque legga queste righe riflettesse sul significato e la gravità della richiesta dell’impiegata nei confronti di una cittadina italiana a tutti gli effetti, ma anche e soprattutto nei confronti di una donna che si è vista perdere il lavoro prima, e poi negare uno dei diritti fondamentali dell’uomo: il diritto alla Salute.
Vorrei che rifletteste, qualunque sia il vostro pensiero politico, sull’arretratezza e sull’inciviltà del nostro Pese (con la P maiuscola) e delle nostra società per portare un funzionario pubblico ad affermare qualcosa di tanto discriminatorio e razzista.
XXI secolo: tutto sommato non si è poi così distanti dal medio evo…
Annalisa Chiodetti (4C)