Venerdì 7 Marzo, ore 9.00: Pino Masciari, accolto da una delegazione di studenti, fa il suo ingresso al Convitto Nazionale Umberto I, seguito dalla sua scorta personale.
È un uomo cordiale, molto alla mano: saluta coloro che lo accolgono in modo affettuoso, baciandoli sulle guance e chiedendo i loro nomi.
Quando inizia a parlare, sul cortiletto cala il silenzio: il suo è un discorso potente, capace di penetrare nei cuori e nelle menti del pubblico, dando a tutti, anche ai meno interessati, importanti spunti di riflessione.
È impossibile non lasciarsi rapire dalle parole di quest’uomo, che ha avuto il coraggio di lottare per i diritti di tutti gli Italiani, mosso da puro amore per la giustizia e la libertà, facendo chiaramente capire la sua posizione nei confronti delle persone che volevano renderlo schiavo.
Libertà: è questo uno dei temi portanti del suo discorso, e lui ci crede talmente tanto da mettersi ad urlare, imprimendo le proprie parole profondamente nei ricordi di ognuno, in questa giornata.
Pino ci crede davvero, in noi giovani: secondo lui, è dalle scuole che deve partire tutto, solo con l’istruzione si può imparare a rendersi liberi.
Ha fiducia anche nello Stato, malgrado quello che gli è capitato, ma non in quello dei politici ladri e corrotti, del degrado delle istituzioni e in quello della fame di denaro e potere.
Crede piuttosto in quello formato da tutti gli Italiani che vogliono vivere onestamente e con dignità.
Per difendere i diritti e la dignità di tutti, Pino è stato disposto a sacrificarsi completamente, non ha accettato una società disonesta che soffoca chi vuole lavorare, vivere e mantenere una famiglia.
Ma non ha denunciato solo una volta, continua a farlo, ogni giorno, attraverso le sue parole: è lui stesso una denuncia a tutto il marcio che ci circonda ed è consapevole che l’unico modo per cambiare le cose è questo.
Un intervento fa notare quanto sia toccante il fatto che Pino ami la sua Italia allo stesso modo della sua famiglia, soprattutto senza fare distinzioni tra chi compone questo stato: ha dimostrato, accantonando il proprio benessere, quanto gli stiano a cuore le sorti della sua patria, non focalizzandosi semplicemente sul suo luogo d’origine, la Calabria, ma sull’intera nazione.
Si concentra particolarmente sul lavoro, che vede come garante della nostra dignità e come diritto che non deve essere negato a nessuno e che rende il nostro Stato ricco e prospero.
Non vuole che l’Italia venga abbandonata perché “povera” di possibilità di vita, ci tiene ad assicurare al Paese e ai suoi abitanti un futuro ricco di prospettive; per lui la ricchezza, più che nell’affluenza economica, consiste nell’avere opportunità.
Tuttavia, in una società malata, questo non è possibile: non si può vivere nella paura, controllati da persone rese quasi onnipotenti da denaro accumulato alle spalle di chi lavora.
Pino, in quanto imprenditore, non ha accettato un giogo indebitamente posto sulla sua attività ma, a differenza di molti altri, ha agito ascoltando il proprio senso civico, diventando testimone di giustizia.
Sono passati vent’anni, ma lui ancora lotta per un paese onesto, denunciando e cercando di spingere altri a fare lo stesso: secondo lui è agendo, più che parlando, che si cambia un sistema oppressivo e ingiusto.
È anche per questo che confida così tanto in noi giovani, perché sa che possiamo ancora essere educati ad avere il coraggio di riprenderci i nostri diritti.
Oggi, ascoltandolo, ci siamo anche un po’ presi il compito di “curare” le istituzioni che ci governano, riformandole dall’interno e purificandole dalla criminalità, ed è nostra responsabilità portarlo avanti fino in fondo, affinché l’eccezione di Pino diventi la normalità.
Giulia Beltramino (IV B)
Beatrice Costa (IV G)