Ogni anno, il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Quest’anno, però, è stato il giorno dell’addio a Maradona. Il “grande” Diego è morto e in tanti, all’improvviso, si sono sentiti persi. Il “D10S” che ha lottato contro i “poteri forti” per il popolo, che è stato un rappresentante importante della fascia meno agiata della popolazione, l’idolo della gente comune se n’è andato. La notizia è stata talmente sconcertante che in tanti si sono dimenticati del resto: ancora una volta, sembra essere sfuggita la facilità con cui una donna viene denigrata, insultata, giudicata, non considerata. La dimostrazione di ciò sta anche nel fatto che la morte di un “grand’uomo”, che poi tanto “grande” forse non era, è riuscita a spostare in secondo piano una ricorrenza così importante come quella del 25 novembre. Certo, Maradona sapeva giocare a calcio, stregando i cuori di milioni di tifosi, tanto da diventare il Miglior giocatore del XX secolo. Sarebbe bene distinguere, tuttavia, il campione dall’uomo. Si potrebbe allora dire che Maradona è stato un grande perché dal nulla ha saputo conquistarsi il mondo intero, grazie al suo carisma e al suo stile rivoluzionario. Si potrebbe altrettanto dire che, però, il solo carisma non rende “grande” una persona. È stato facile riconoscere in lui il mito “democratico” per le sue battaglie contro gli “strapoteri” del Nord quando giocava nel Napoli, è anche vero, però, che allo stesso tempo andava a braccetto coi mafiosi, evadeva il fisco, aveva problemi con la giustizia. Diego era, e sempre sarà, una figura controversa. Da un lato uno sportivo eccellente, fuori dal comune, dall’altro i suoi problemi di droga, alcol e doping l’hanno portato alla sospensione dal gioco nel 1991 e nel 1994.
Dunque, nessuno è perfetto, neanche chi, da lontano, lo sembra.
Laura Pausini, il giorno della morte di Maradona ha scritto su Instagram: “In Italia fa più notizia l’addio di un uomo sicuramente bravissimo a giocare al pallone, ma davvero poco apprezzabile per mille cose personali diventate pubbliche, piuttosto che l’addio a tante donne maltrattate, violentate, abusate. Oggi non sono la notizia più importante di questo Paese… nonostante stamattina ne abbia perse altre due. Non so davvero che pensare”. È stata subito polemica. Tra le risposte c’è chi ha scritto su Twitter: “Alla Pausini che è solo Laura Pausini bisognerebbe rispondere che Lui è Maradona!!!” E chi, sul giornale, ha accusato lei e tutti coloro che la sostenevano di aver “infangato il nome di D10S”. La cantante italiana però non è l’unica ad aver espresso la propria opinione – e ad essere stata criticata per questo. Anche Paula Dapena, calciatrice della squadra Viajes InterRías FF di Pontenvedra, ha fatto parlare di sé a tal proposito: la ventiquattrenne spagnola, infatti, non ha voluto osservare il minuto di silenzio per omaggiare Maradona, sedendosi sul campo di schiena in segno di protesta. Ha successivamente spiegato che si è rifiutata di ricordarlo perché era “Uno stupratore, pedofilo e molestatore. […] Per essere un giocatore devi prima essere una persona e avere valori, al di là delle doti calcistiche che aveva mostrato di avere in campo”. Anche in questo caso, alle dure parole il mondo ha risposto con parole ancora più dure: minacce, insulti, persino messaggi terribili come “Sto mandando tre negri a violentarti”.
Dopo pagine e pagine di articoli sui giornali a lui dedicati e post sui social, stadi che prendono il suo nome e tutto il mondo che lo piange, dopo gli omaggi e i dolorosi addii, dopo neanche un minuto di silenzio per ricordare le donne vittime di violenze, è più che legittimo essere arrabbiate. Soprattutto, è legittimo protestare. La polemica scatenata dai commenti della Pausini e dalle scelte della calciatrice Paula Dapena mostra uno scenario ben chiaro: non solo è l’ennesima terribile dimostrazione del fatto che nella nostra società le donne non sono considerate all’altezza degli uomini, ma anche che questa nostra società mostra il peggio di sé, quando una donna esprime un’opinione diversa da quella della maggioranza.
Dicono “non è colpa di Maradona se è morto nella giornata mondiale contro il femminicidio”. No, non lo è. La colpa è di chi, pochi giorni dopo la stessa giornata, ha detto ad una donna di cui non condivideva l’opinione “Sto mandando tre negri a violentarti”. La colpa è di chi risponde alle idee di una donna con gli insulti, con le minacce. La colpa è di un mondo che si è perso, o che forse lo è da sempre, da questo punto di vista. Ogni tanto dovremmo riflettere su quali sono i nostri punti di riferimento e sul perché lo sono diventati. Dovremmo fermarci a riflettere sulle nostre priorità. Una società che si perde nei miti ed impazzisce dietro ad essi, dimenticandosi di tutto il resto, dimenticandosi dei valori su cui dovrebbe essere fondata, non è una società in cui è piacevole vivere. Soprattutto se si è una donna.
Per essere davvero “grandi uomini”, bisogna prima di tutto avere rispetto.
Isabella Scotti