“Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la biro, l’uomo con la pistola è un uomo morto”. La prima cosa che viene da pensare leggendo questa frase è che chi l’ha pronunciata sia un illuso, uno che non legge i giornali, uno che non si è accorto di quanti sono stati i giornalisti e gli scrittori uccisi per aver denunciato verità scomode. Ad una seconda lettura, però, si può cogliere il vero significato di queste parole. L’uomo con la biro può essere ucciso da un’arma qualunque, l’uomo con la pistola trova la morte con le parole in cui tutti possono leggere quale essere spregevole egli sia veramente. Le parole di denuncia che solo un uomo con la biro può scrivere uccidono più di una pistola perché restano impresse nella mente delle persone; l’esempio di coraggio di chi decide di mettere a repentaglio la propria vita per denunciare sprona la gente ad alzare la testa, a non avere paura. La paura è la vera arma di un uomo con la pistola: vediamo il timore che ci incute ma non la persona che c’è dietro. Quando un uomo con la biro ci svela chi è veramente a farci paura, tutto il potere che l’uomo con la pistola aveva finisce e lui, che viveva di questo potere, è morto per sempre. E’ così che uccidono le parole. Chi decide di scrivere la verità mette a rischio la propria vita per far nascere il coraggio negli altri: non è un gesto eroico, bensì la consapevolezza del proprio dovere di uomo con la biro. Mi è stata data la capacità di costruire nuovi universi con le parole, ma non si può sognare in un mondo in cui la gente è schiava dell’inconsapevolezza e della paura. Mi è stata data la capacità di comunicare grandi cose al cuore di una persona con le parole, e cosa c’è di più grande di quella giustizia che l’uomo cerca da sempre? Il dono che ha ricevuto chi sa scrivere non è solo suo. È dovere dell’uomo con la biro utilizzarlo per gli altri, e sarà nel ricordo di tutti questi altri che l’uomo con la pistola non potrà mai ucciderlo.
Chiara Murgia (2C)
