All’inizio non ci sono che un grembiulino colorato e una mano grande, che ti accompagna lungo un corridoio. Poi una stanza, dei giochi, una miriade di grembiulini colorati che corrono e si rincorrono. Piccoli e vivaci esserini inseriti uno ad uno, nel grande e complesso marchingegno che porta il nome di Scuola. Scuola, quella del mattino con gli occhi ancora umidi di sonno e gli zaini pesanti sulle spalle. Un’aula colorata dove ti depositano per la prima a volta a tre anni. E quando esci ne hai diciannove, la stanza è grigia e il tempo è volato. E se ti guardi allo specchio, il riflesso mostra ancora quella piccola versione di te che tanti anni prima muoveva i primi incerti passi verso un mondo fatto di lettere e numeri. Tasselli che si uniscono e strade che si formano, diventano bivi, poi incroci, e infine labirinti. Frammenti che cadono, si spezzano, e il mondo si sgretola in un milione di pezzi. Ed è la volta delle minacce, che non guardano in faccia niente e nessuno, men che meno gli insegnanti. E dalle aggressioni verbali si passa in fretta alle mani, ormai troppo spesso quelle degli alunni. Sarà allora, da lì,che bisognerà iniziare: risalire alla radice del problema e correggere l’imperfezione. Mettere i ragazzi con le spalle al muro, ma di fronte a tutte le loro responsabilità, e chiedere con l’innocenza di un bambino: perché? Perché è giusto credere che esista una spiegazione, che ciò che è sbagliato possa essere corretto e tornare a funzionare meglio di prima. Perché la scuola è anche questo, un piccolo insieme di enormi casini quotidiani. Un costante oscillare tra la paura di non essere all’altezza e la consapevolezza di aver dato il massimo. Ed è quello che in fondo mancherà a tutti. L’interrogazione a sorte delle prime due ore il lunedì, la tensione nell’aria prima di una versione e dopo una verifica di matematica. La scuola non è solo una serie di nozioni da ingurgitare e risputare fuori all’occorrenza. La scuola è maestra di vita, una finestra su come potrebbe essere il mondo là fuori. Ma è proprio lei ad avere ancora molto da imparare. E lo farà per noi, per il nostro ricordo che negli anni si farà sempre più sbiadito. Per chi ne è ancora parte integrante, e si mimetizza nei corridoi affollati dell’intervallo, per chi studia fino a notte fonda. E per tutti i bambini che a settembre indosseranno un grembiulino colorato, mentre una mano grande li accompagnerà lungo un corridoio.
Emma Barraco