L’elezione di Donald Trump suscita in voi sentimenti poco edificanti e gravi timori per il futuro del pianeta?
La brexit vi fa riconsiderare il vostro sistema di valori?
Kim Jong-un ed Erdogan fanno a gara con la quotidiana politica dell’Italia per aggiudicarsi il posto di movente che vi spinge ad emigrare in massa su Marte?
Da oggi avete una possibilità in più.
Grazie alle informazioni rivelate di recente da Elon Musk, CEO di SpaceX, la conquista umana del Pianeta Rosso si avvicina.
L’ormai quindicenne industria spaziale ha collaudato Falcon 9, l’innovativo primo stadio del sistema propulsivo a razzo che, al posto di andare distrutto dopo essersi sganciato dal corpo centrale del vettore, è in grado di atterrare morbidamente ed in modo controllato sulla Terra, abbattendo drasticamente i costi del lancio in quanto può essere riutilizzato per altre missioni.
Il visionario, e decisamente troppo ottimista Musk, non si lascia certo fermare da problemucci quali i raggi cosmici e l’assenza di gravità nello spazio che danneggerebbero rispettivamente i neuroni e le ossa degli astronauti, i terribili costi, la tecnologia non ancora adatta ad uno sbarco interspaziale o i rischi della spedizione: afferma stentoreamente che “se tutto andrà come previsto, lanceremo i primi uomini verso il Pianeta Rosso nel 2024”.
Anche solo l’ipotesi di atterrare su Marte sembra lontana anni luce: Samantha Cristoforetti, prima donna italiana a rimanere 199 giorni nella Stazione Spaziale Internazionale, afferma che la conquista di questo pianeta apparentemente inospitale non sia un’avventura per cosmonauti della sua generazione.
Nonostante tutto, da più di quarant’anni gli intelligentoni della NASA stanno lavorando alla missione “Journey to Mars” che, oltre ad inviare satelliti, sonde e rover su Marte consentendoci di scoprirne nuovi aspetti, si prefigge di mandarci i primi umani entro gli anni trenta del ventunesimo secolo.
Alcune delle ipotesi sono abitare nelle cavità sotterranee create da antichi fiumi di lava, siti appositamente scelti in modo da fornire riparo dalle tempeste di sabbia, originate dallo scioglimento delle calotte polari marziane. Altre idee comprendono la rotazione della navicella spaziale che, sfruttando la forza centrifuga, sarebbe in grado di simulare la gravità terrestre oppure il rivestimento del vettore di uno strato di verde per proteggere gli intrepidi astronauti dai raggi cosmici.
La domanda sorge spontanea: perché Marte?
Si tratta del pianeta più simile alla Terra, in quanto possiede un’atmosfera, per quanto rarefatta essa possa essere, due lune e chiare prove della passata esistenza di acqua: laghi evaporati, letti scavati da fiumi estinti, strati sedimentari e minerali la cui formazione è subordinata alla presenza di acqua.
Ergo, Marte aveva degli oceani.
Aveva. Che cos’è successo?
Non è certo, ma probabilmente milioni di anni fa questa Terra 2.0 era ricoperta di blu ed era più ospitale: presentava un clima temperato ed un’atmosfera decisamente più densa, ma, per cause a noi sconosciute, il suo campo magnetico è scomparso, ora il pianeta è in progressiva erosione e l’acqua, insieme all’atmosfera, è praticamente scomparsa, lasciandolo vulnerabile nella superficie ai venti solari e ai meteoriti.
La conclusione più logica è che, viste le premesse, esistesse vita su Marte.
Non abbiamo certezze, ma scientificamente parlando, le condizioni c’erano, e ci sono ancora: il Rover Curiosity, partito dalla Terra il 26 novembre 2011 ed atterrato sul Pianeta Rosso il 6 agosto 2012, esaminando dei campioni di roccia marziana, ne ha trovato le evidenze.
Cosa comporta? Partirà forse una corsa per la conquista di Marte? Solo uomini plurimiliardari potranno permettersi un viaggio interplanetario a bordo di un comodissimo shuttle il cui biglietto di sola andata vale all’incirca quanto il PIL delle Isole Marshall? Fino a che punto l’umanità è veramente in grado di gestire scoperte di tale portata? Tante sono le informazioni da captare o le domande a cui non esiste ancora una risposta, ma c’è una discreta possibilità che l’uomo riesca a mettere piede sul Pianeta Rosso.
Quando anche Marte porterà su di sé un’impronta simile a quella lasciata da Neil Armstrong nel 1969 sulla Luna, i libri di Andy Weir, tra cui il famoso The Martian, non saranno più solo fantascienza ed il motto del protagonista “I’ll science the hell out of this planet” diventerà uno stile di vita per i primi astronauti a sbarcare su un altro pianeta. La gravità potrà anche tenere l’umanità coi piedi ben ancorati a Terra, ma i nostri pensieri tendono all’infinito, forse ben oltre il raggio d’azione del mitico telescopio Hubble.
Lisa Picatto (5B)