Mi sveglio. Il sole splende fuori.
È uno di quei giorni in cui il cielo è di un colore azzurro vivo. Una di quelle giornate in cui, qualunque cosa succeda, va bene lo stesso. Mi preparo svelta per uscire. Un’altra giornata di scuola.
L’asfalto è caldo. Il sole picchia, picchia forte sulla mia testa. Gli autobus passano velocemente. 175, 715, 528, 60, 75, 70 passano tutti davanti ai miei occhi senza fermarsi.
Quando improvvisamente mi ritrovo in piazza Venezia, la scuola è ormai a due passi. Eppure, mi assale una strana sensazione: come se la vita continuasse intorno a me ed io, nella mia minuscola piccolezza fossi altrove … Mio malgrado è così. “Tutto ciò che conosci sta cambiando” mi hanno detto, “le nuove esperienze migliorano le persone.” Eppure io non mi sento affatto migliorata: mi sento perduta, vuota, delusa, infelice, arrabbiata.
E così la strada sprofonda nel terreno ed io mi ritrovo a sprofondare insieme a lei.
Era un sogno , tutto uno splendido sogno. Ora sono qui, nel solito letto sconosciuto, guardando un soffitto che non è il mio. La nonna dorme. L’acqua gocciola dal rubinetto. Fuori è buio, piove. Sento i tram che passano sotto casa e fanno tremare i lampadari. L’incubo che tanto ho sperato non arrivasse infine è giunto ed ha assorbito la realtà. L’incubo è la realtà stessa.
Fuori ha finito di piovere. È da sei giorni che piove. La giornata si profila ugualmente nuvolosa e fredda. L’aria mi congela il naso, penetra all’interno della giacca, la sento su collo e schiena. Il cemento è umido, ghiacciato.
Non è più lo stesso.
La città non è più la stessa.
I visi delle persone che intravedo lungo le vie mi sono sconosciuti, come di pietra, voltandomi verso le Alpi vedo solo le nuvole. Spero nelle giornate serene, quando il cielo è roseo.
In lontananza, tra la foschia mattutina si profila la scuola. L’imponenza dell’edificio mi ricorda la magnificenza delle strutture della città in cui avevo lungo vissuto. I bei momenti sotto il Colosseo, i fiori, il sole che illumina l’animo delle persone e quel magnifico ed inconfondibile cielo azzurro sono ormai lontani.
E così, entrando a scuola, riconosco i visi amici.
Si pensa che cambiare città non sia una cosa grave ma non per tutti è così.
Cambiare città vuol dire stravolgere i propri piani e stabilirne di nuovi. Vuol dire dover abbandonare i propri amici e farsene degli altri. Soprattutto, la propria città sembra migliore delle altre ed è proprio questo che demoralizza le persone che si trasferiscono. Si profila ai loro occhi un universo nuovo, sconosciuto. Non sapere suscita paura, incertezza ma anche desiderio di scoperta. In fondo, non tutti i mali vengono per nuocere.
Carolina Sprovieri (2B)