La copertina di un giallo acceso ricorda i paesi del Medio Oriente e la figura di una donna stagliata sullo sfondo chiaro, quasi come un ombra o una figura di passaggio, racchiude ogni età :bambina, ragazza, adulta o anziana che sia. Il burqa non lascia intravedere nulla di questa donna. Così si presenta questo libro, diviso in due storie segnate dalla tragedia, poi unite da un destino comune che le porterà a fuggire dalla condizione opprimente che le costringe a sottomettersi all’uomo. Sin da subito coinvolge e spaventa: i problemi quotidiani che ogni giorno ci affliggono sono inutili e neanche minimamente paragonabili a quelli dei protagonisti,così da annullarli definitivamente e coinvolge in questa vicenda. Alcuni potrebbero confonderla con la narrazione d’avventura, ma così non è: la difficoltà delle donne nei paesi arabi non è un romanzo d’azione o una tragedia teatrale ma pura realtà che le discrimina e le sottomette al volere del marito, senza lasciare nessun potere decisionale. La realtà di Kabul nel 1970 vede la donna interamente coperta e impotente, vede la sua istruzione minima e ristretta alla cerchia delle poche benestanti e vede intere città le cui famiglie sono messe in ginocchio dalla jihad. In questo ambiente così lontano e purtroppo così reale queste storie toccano e sconvolgono al punto che le piccole ingiustizie quotidiane che subiamo fanno sorridere e subito dopo il sorriso subentra una coscienza dell’egoismo presente in noi che pretendiamo sempre di più dalla vita,quando vivono, in Afghanistan, come in molte altre parti del mondo, persone con una storia segnata dal dolore e dalla fatica. Qui sembra davvero che il tempo non sia passato dato che la donna è costretta a sottostare al marito o al padre ,senza voce in capitolo, come da noi accadeva nei secoli bui del Medioevo. Assale infine anche un certo senso di impotenza poiché il nostro aiuto sarebbe minimo e difficile da dare a persone come queste che pure ne hanno un gran bisogno. E allora anche durante la giornata ci si ricorda di queste pagine e delle vite che raccontano, e si chiede grazie a quel qualcuno , che ha voluto che noi nascessimo dove siamo nati e vivessimo una stupenda e normalissima vita, priva di colpi di scena e occasioni uniche, e che ora so essere un’opportunità unica e da non rimpiangere.
Cristina Zilio (3F)