E’ normale aver paura di ciò che non conosciamo; per l’uomo l’ignoto ha sempre rappresentato la più grande fonte di paura: spinge i bambini a temere il buio e gli adulti a frenarsi davanti a nuove esperienze o rapporti sociali. Vi è una naturale diffidenza verso ciò che non si conosce, probabilmente nata proprio per salvaguardarci. Ma come i bambini imparano dopo poco a imporsi l’autocontrollo ed a dormire da soli anche nell’oscurità più assoluta, così la ragione dell’uomo moderno avrebbe dovuto già da tempo superare antichi timori che lo perseguitano dall’inizio dei temi, primo fra tutti la xenofobia. E’ paradossale pensare che l’umanità non abbia avuto paura di partire alla volta dell’universo (luogo dell’ignoto per eccellenza) e tuttavia non riesca a condividere lo stesso pianeta a causa di diversità che in un mondo ormai unito da una tecnologia fantascientifica, non dovrebbero che essere sfumature.
Eppure, il nostro vicino di casa dagli occhi a mandorla e la cassiera troppo abbronzata per essere inverno fanno sorgere in noi una sorta di allerta, spesso inconscia, che sfocia poi in comportamenti che noi stessi faremmo fatica ad ammettere.
A volte la paura sconvolge a tal punto la ragione da oscurare gli esempi che la storia propone, spingendo persone del ventunesimo secolo a dichiararsi apertamente razziste. Altre volte uomini convinti di essere individui mentalmente aperti non si rendono neppure conto che nel loro subconscio sono i primi a non essere così fiduciosi verso la cassiera e il vicino di casa sopra citati. Vergognarsi e reprimere un istinto che, alla fin dei conti, è una difesa naturale insita nella propria natura è poco fruttuoso, non risolve il disagio e alla prima occasione di tensione rischia di saltar nuovamente fuori, sfociando in atteggiamenti che di tollerante non hanno nulla, nonostante i teorici “buoni propositi”.
E del resto, il fatto stesso che da anni si parli di “tolleranza” e non di “integrazione” indica che l’opinione pubblica si accontenterebbe anche solo di tenere i mostri nascosti nella stanza rinchiusi nell’armadio o sotto al letto, ignorandone la presenza nell’infantile speranza che un giorno scompaiano da soli magicamente.
Non si può far finta di non aver paura del buio, se la paura effettivamente c’è. Si può crescere e divenire adulti, utilizzando la ragione e la buona volontà per non ignorare, ma comprendere le ombre che ci stanno attorno ed eventualmente scoprire la grande poesia della notte. Un processo che oltre ad evitare continue tensioni ( inevitabili nel nostro mondo), regala anche sonni più tranquilli.
Eugenia Beccalli (3F)