Nomina invano

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AP/Mohammed Abu ZaidRecentemente il mondo islamico ha mostrato forti reazioni per il film “Innocence of Muslims” in cui il profeta Maometto viene dipinto come un donnaiolo, un pazzo ed un violento, a capo di una banda di teppisti. Le proteste sono sfociate in manifestazioni, talora violente, in tutto il mondo arabo, culminando con l’attacco a diverse ambasciate americane e con l’uccisione a Bengasi dell’ambasciatore statunitense.

Il 31 agosto, nel corso della 69a Mostra del cinema di Venezia, è stato presentato il film “Paradise: Faith” del registra austriaco Ulrich Seidl che contiene scene molto offensive nei confronti dei cristiani e, in particolare, dei cattolici. Nella sequenza più sconvolgente la protagonista si masturba con un crocifisso. Alla prima la pellicola ha ricevuto il plauso dei cronisti in sala ed è stata poi insignita del premio speciale della giuria. Repubblica ha affermato che “un’ironia generale pervade l’opera”.

Questi sono solo due dei numerosi esempi della blasfemia che appare sempre più legata alla sottocultura moderna di questi anni. La bestemmia al giorno d’oggi è un’abitudine, quasi una parola intercalare, per molti giovani, anche nel nostro Istituto.

Certo, relegare la blasfemia ad un fenomeno esclusivamente moderno sarebbe scorretto: già San Luigi IX, re di Francia, nel XIII secolo puniva le bestemmie con la mutilazione di lingua e labbra e dichiarava che, pur di farle scomparire dal suo regno, si sarebbe volentieri sottoposto a tale supplizio. Il Doge Lorenzo Priuli affermava all’inizio del ‘500 che a Venezia “la bestemmia era usata da ogni grado di persone”, tanto da istituire una pena apposita per i preti bestemmiatori.

Mentre in passato la blasfemia, seppur diffusa, si limitava ad un ambito triviale, oggi da più parti c’è la tendenza ad invocare un presunto “diritto alla bestemmia”, quale estensione della libertà d’espressione. Nei paesi islamici in cui è in vigore la sharìa la blasfemia è punibile anche con la pena capitale, mentre negli Stati Uniti essa è parte integrante della libertà di parola. In Italia la Corte di Cassazione ha ribadito che la bestemmia “non è manifestazione di un pensiero, ma di pubblica volgarità” e perciò è un illecito.

L’aspetto più preoccupante è, però, il generale clima di dissacrazione che inficia la possibilità di una società realmente civile. Se viene a mancare il rispetto per la Divinità propria o altrui, cessa anche il rispetto per il prossimo e per i defunti: se deridiamo il Papa o Maometto cosa ci impedisce di ridere della Shoah, dell’11 settembre o di qualche efferato delitto? Nulla.

Considerare blasfemia e dissacrazione parti integranti della libertà di espressione mina lo Stato laico: infatti la laicità della istituzioni non può e non deve comportare l’indifferenza delle stesse nei confronti dell’odio religioso, che oggi sta prendendo le forme di cristianofobia, antisemitismo ed islamofobia.

 

Valerio Pace (4D)

 

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