L’idea mondiale di comunicazione è basata sulle parole e sui numeri, ma come per tutte le cose c’è sempre l’eccezione che conferma la regola.
I Pirha, una popolazione di circa duecento persone distribuite in gruppi di 10-20 stanziate nel cuore della foresta amazzonica, basano il loro linguaggio su un alfabeto di sette consonanti e tre vocali e su un sistema di numerazione composta da “uno-due-molti”.
La lingua dei Piraha è un idioma tonale, come il cinese o il vietnamita, in cui una stessa parola può assumere diversi significati (ad esempio “hoi” può voler dire uno o due a seconda dell’intonazione), ma si differenzia da esse perché ogni vocabolo può essere parlato o fischiato.
Noi occidentali li consideriamo una popolazione primitiva i cui membri devono essere studiati come fossero cavie da laboratorio, ma i nostri sofisticatissimi computer non si basano forse su un sistema analogo??Certo è diverso ma il concetto di base è sempre quello, in oltre è davvero necessario studiarli? Nessuno ha pensato che così facendo si rovina il loro “mondo”?
La necessità di sviluppare un sistema di numerazione complesso e un vocabolario infinitamente vasto è direttamente proporzionale alle esigenze dell’uomo di comunicare con i suoi simili, essendo i Piraha una popolazione che vive essenzialmente di ciò che gli offre la terra, non hanno bisogno di molti termini o numeri anche se sono in contatto con altre tribù limitrofe, più sviluppate, da circa 200 anni.
Secondo l’antropologo Peter Everett, che ha vissuto con questa popolazione per 27 anni, questa mancanza di un sistema di numerazione aggiunta all’ignoranza della scrittura o del semplice impiego di segni e all’incapacità di distinguere i colori sarebbe un estremo tentativo di difendere la propria individualità poiché, nella loro vita, la qualificazione e l’astrazione non sono necessarie.
Per concludere, è davvero necessario tentare di insegnare loro a contare o a parlare inglese piuttosto che portoghese? Non è forse meglio, per una volta, difendere l’incredibile unicità di questa popolazione lasciandola vivere come ha sempre fatto sin dalla “notte dei tempi”?
Carlotta Monge (3C)