Ore 18, un sabato pomeriggio come qualunque altro. Giorgio e Alex stanno passeggiando, pensando a cosa fare della serata o semplicemente parlando dei problemi che accomunano tutti i ragazzi. Nel frattempo, un gruppo di giovani si avvicina con la richiesta di una sigaretta. La risposta è negativa, infatti i due amici non fumano e non possono accontentare la pretesa dei coetanei. Un semplice rifiuto. Tutto sembra normale sennonché il gruppo inizia ad alzare le mani. Nella concitazione della rissa esce fuori un coltello. Quella maledetta lama si avvicina minacciosa al collo di Giorgio, fino a colpirlo. Gli aggressori scappano, lasciando Alex solo con il suo amico morente. Potrebbe essere una scena drammatica per un film da oscar, invece, purtroppo, è la cruda realtà.
Giorgio morirà poco dopo sull’ambulanza, durante la corsa a sirene spiegate verso l’ospedale. I suoi amici, i suoi parenti, ma anche completi sconosciuti rimangono sconvolti.
Giorgio non tornerà più e ora non resta che capire che cosa resterà della sua breve esistenza. La fugacità della vita, l’amore per le persone care e sicuramente un senso di profonda tristezza sono le plausibili risposte. Ma è anche l’avvertimento di sfruttare ogni attimo, di usufruire delle occasioni che troviamo sul nostro cammino, ma soprattutto cercare di stare più tempo possibile con le persone a cui vogliamo bene. E’ questo che “Giorgino” ci ha insegnato. Anche se non è il primo né l’ultimo ragazzo la cui vita è stata negata per così poco, cerchiamo di ricordare la sua storia nelle nostre giornate, di tenerlo nel cuore. Solo così, forse, potremmo trovare il senso di una morte assurda.
Giulio Comellini (4E)