9 novembre 1989
Cade il Muro di Berlino. Costruito nella notte fra il 12 e il 13 agosto 1961 dal governo della Germania Est, il Muro di Berlino non fu solo un confine geografico ma anche ideologico, creatosi a partire dalla divisione dell’Europa in sfere di influenza dopo la fine della Seconda guerra mondiale e simbolo della Guerra Fredda, che vide contrapporsi Stati Uniti e Unione Sovietica con il contorno dei loro alleati. Il confine per ventotto anni ha diviso la Germania in due parti: a ovest la Repubblica Federale di Germania, capitalista e alleata dei paesi “occidentali”, e a est la Repubblica Democratica Tedesca, comunista e sotto l’influenza sovietica. Nel primo dopoguerra furono in molti a trasferirsi nell’Ovest, e fu questo che spinse il governo della Germania Est a costruire un confine che non potesse essere oltrepassato se non con speciali permessi. Durante gli anni della divisione furono in molti a cercare di fuggire, attirati dalla maggiore libertà offerta dall’Ovest e spesso per riunirsi ai famigliari, da cui la veloce e inaspettata costruzione del muro li aveva separati. Anche a causa dell’indebolimento della potenza sovietica, e il conseguente processo riformistico che aprì a maggiori libertà, negli anni ‘80 il Muro venne finalmente abbattuto, e un anno più tardi, il 3 ottobre 1990, la Germania venne riunificata. Cadde così la cosiddetta “cortina di ferro” (espressione usata per la prima volta dal primo ministro britannico Churchill nel 1946) che aveva diviso l’Europa a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e per tutta la durata della Guerra Fredda.
9 novembre 2019
Nel centro di Berlino tutto è pronto per festeggiare i trent’anni dalla caduta del Muro. E non si è badato a spese: eventi, concerti e per finire fuochi d’artificio in quella che è probabilmente la più grande esposizione all’aperto mai realizzata nella città tedesca. In svariati punti nevralgici della città sono stati allestiti stand in cui è possibile assistere a conferenze e interviste che vogliono aiutare a ricordare o, soprattutto nel caso dei più giovani, ad imparare qualcosa di nuovo su come fosse la vita prima della caduta del muro nella DDR, in Germania e in Europa in generale.
L’attrazione principale è sicuramente l’installazione ‘Visions in motions’ dell’artista americano Patrick Shearn, un tappeto colorato lungo 150 metri e composto da 100.000 nastri che sovrasta una parte del viale Unter den Linden dietro alla porta di Brandeburgo. Oltre a donare un meraviglioso effetto visivo, questo tappeto vuole anche suggerire il tema delle pareti, dei bordi e dei confini. Su 30.000 dei nastri che lo compongono sono riportati messaggi scritti da persone comuni sulla loro idea di confine; l’intenzione dell’autore era infatti quella di realizzare un’opera partecipativa, poiché vede la stessa caduta del Muro come il risultato di un impegno collettivo.
Assistendo a questi festeggiamenti si nota però presto la contraddizione: se da una parte la caduta del Muro è ampiamente considerata e presentata come la rinascita di Berlino, della Germania e dell’Europa in generale, dall’altra anche i paesi che decantano questi ideali di libertà sono i primi a finanziare nuovi muri.
Quello che subito viene in mente è il muro tra Stati Uniti e Messico voluto dal presidente Donald Trump, spesso citato con ironia in televisione e online. Quelli però meno noti sono i muri finanziati e costruiti da paesi europei a partire dagli anni ‘90 per evitare l’afflusso di migranti via terra da Africa e Asia, come ad esempio i muri che isolano le città spagnole di Ceuta e Melilla (due porti franchi) dal confinante col Marocco, quello fra Ungheria e Serbia per bloccare ai migranti la rotta balcanica o quello fra Regno Unito e Francia per evitare il passaggio di migranti attraverso il tunnel della Manica.
Mentre a Berlino si festeggia con l’idea che dobbiamo ricordare il passato per evitare di ripetere gli errori del presente, sembra però che, di fatto, quasi in tutta Europa questo concetto sia stato ormai dimenticato.
Maria Periotto