La mia scuola è strana. Certi la paragonano ad un paese dei balocchi, certi ad Alcatraz, certi ad un manicomio degli anni cinquanta, ma secondo me assomiglia più di tutto ad un oltremondo dantesco. Sì perché la sensazione, scrutando le sagome che popolano i corridoi, la mensa e la piccionaia, è di guardare una parata bizzarra e variegata che un autore fantasioso ha composto per scherzo. Partiamo dall’inizio.
Uno arriva all’ingresso e vede il portone minaccioso, un po’ scuro e ingrigito; alla sommità dell’antro non c’è nessun avvertimento, però. Niente “Lasciate ogni speranza…”, “Welcome to the gate of hell”, o peggio “Liceo Classico Europeo”, no, niente del genere. Una volta su una colonna c’era scritto “Ele Came sei gnocca”, ora manco più quello. Quindi uno entra magari pensando di trovare un tempio valdese ed invece gli si parano davanti due o tre cerberi: i portinai. Che sono spesso gentilissimi e discreti, ma anche terribilmente imprevedibili. Potrebbero, ad esempio, accogliere la tua decisione di far entrare a scuola un ghepardo blu ammaestrato senza battere ciglio, oppure scatenare la loro ira contro il tuo tentativo di evadere con 46 secondi di anticipo sul tempo scolastico. Il tempo scolastico differisce dal tempo del mondo reale perché scorre lentissimo, tanto che a volte si ferma e alcuni dei più anziani giurano di averlo visto tornare addirittura indietro di un paio di minuti. Comunque sia, se si riesce ad eludere la sorveglianza dei bizzarri guardiani, è solo perché c’è lì qualcuno a distrarli. Potrebbe essere Vito, che conversa amabilmente con la sua cadenza sicula, oppure una mamma che reclama il figliolo che non torna a casa da tre giorni.
“Dov’è il mio bambino? Dov’è?”(Strappandosi i capelli dalla disperazione)
“Eh signora, chissà, guardi sul registro elettronico”
La signora, stranita, guarda sul registro col suo iphone, e ancora non capisce
“Ma qua il suo nome è evidenziato in verde coi contorni rosa”
“Mmm… Questo potrebbe essere un problema.”
“Perché? Che è successo a mio figlio?”
“Non lo so… Nessuno lo sa. Nessuno ha mai capito quei colori.”
Sono tante le cose strane della mia scuola, e sono felice di potermele ricordare!
Federico Fornari