Anno nuovo. Nuove occasioni. Di mostrarsi, di mettersi in luce, di farsi notare. I negozi espongono merce nelle vetrine dai vetri coperti di adesivi colorati, a ricordare – e come si potrebbero dimenticare – i saldi. Gonne, magliette, canottiere striminzite e camicette aderenti. Tutto questo qui, nella parte del mondo in cui una donna, nella maggior parte dei casi, può truccarsi, tingersi i capelli, esagerare con le scollature e indossare una minigonna. Qui, dove una donna può fumare una sigaretta per strada, baciare un uomo in pubblico, indossare scarpe col tacco. La parte di mondo a cui siamo abituati. Quell’Occidente in cui la libertà della donna viene data per scontata.
L’altra faccia della medaglia, però, non splende quanto la prima.
Testimonianze spaventose ci arrivano dalla Siria. Come quella raccontata da un’infermiera all’inviato del Corsera non più di una settimana fa. In procinto di soccorrere una paziente, si è trovata faccia a faccia con un’esponente della Brigata Femminile di Al Khansa. «Mi si è avvicinata urlando che non aveva il velo e non indossava i guanti. Io all’inizio non capivo, pensavo parlasse dei guanti medici. Poi mi hanno costretto a coprirle il volto anche se cercavo di spiegare che non si può fare così con una donna che è in arresto cardiaco e fatica a respirare». La paziente è morta, mentre l’infermiera ha raccontato tutto dopo essere riuscita a scappare.
Questa è solo una parte della paura e delle lacrime che stanno sconvolgendo il Medio Oriente. Un piccolo inferno che qui non si riesce facilmente ad immaginare.
Parte dell’altra faccia della medaglia è macchiata di sangue. Sangue, lacrime e urla di donne torturate per non aver indossato un velo abbastanza spesso, aver mostrato un pezzetto di pelle in più del dovuto. Un angolo di mondo fatto di strade percorse da donne coperte di nero dalla testa ai piedi, viso compreso. L’unica finestra sull’esterno è la fessura all’altezza degli occhi, giusto per vedere. Vedere e condannare. Donne che soffrono e donne che condannano. Non sono solo gli uomini a maltrattare le donne, nel lato integralista della medaglia. La Brigata Femminile di Al Khansa è infatti il battaglione di donne dello stato Islamico. Un gruppo di donne, di tanti veli neri che setacciano le strade di Raqqa, in cerca di altre donne, che però trasgrediscono le severe regole imposte dall’alto. Basta avere un velo meno spesso del dovuto, o non indossare i guanti. E’ questione di un attimo. Si viene portate in una stanza e torturate.
Donne che torturano altre donne. In un paese, come l’ISIS, in cui la figura della donna è sminuita a tal punto da non essere considerata più di un mucchietto di ossa coperte da stoffa, ci sono donne capaci di condannarne altre e ferirle. Un paese con strade percorse da tanti veli neri, che probabilmente camminano in fretta, con gli occhi bassi. Ogni tanto uno di questi veli neri viene preso, e torna a casa un po’ strappato. Oppure non torna affatto.
Ma c’è di più. Le donne del battaglione tentano di tener lontane le giovani dalla scuola, e le spingono al matrimonio. Impongono dei veri e propri posti di blocco, per controllare la moralità delle città, alimentando il panico e il terrore per le strade. Ragazze convinte ad abbandonare la scuola e a sposarsi. Ragazze tenute lontane dal sapere, dalla conoscenza. Meglio che si sposino, e vivano nell’ignoranza, che si coprano e siano devote alla religione. Non c’è libertà di scelta per loro. Semplicemente, tutto è vietato.
Rimarrà almeno la loro ombra? L’eco delle loro urla invaderà le strade, le piazze, arriverà fino alle orecchie di chi vive loro accanto, e raggiungerà mai la faccia apparentemente luccicante della medaglia? Una donna pronta per un festa, con addosso un vestito e dei tacchi, si guarderà mai allo specchio e penserà a loro? Guardando il riflesso dei suoi occhi, non scorgerà anche solo un’ombra dello sguardo che trapela attraverso la minuscola fessura che sta dall’altra parte?
Forse una donna lo farà. E poi toccherà ad un’altra, che lo racconterà alle sue amiche, e allora mille altre donne vedranno nei loro occhi quell’ombra. Magari diventeranno duemila, tremila, diecimila. E un milione di donne infine avrà visto nei propri occhi la sofferenza e il dolore e la vergogna di un corpo tenuto nascosto. E si uniranno tutte, magari coinvolgendo anche gli uomini. Marceranno insieme, verso quella parte dell’altra faccia della medaglia, per ripulirla dal sangue.
Ma è davvero sufficiente guardarsi allo specchio e sentirle vicine per liberarle e sconfiggere il fanatismo religioso?
Basteranno i pensieri e le parole?
Emma Barraco (2B)