Ugo di San Vittore (XI-XII secolo):
Omnia disce. Videbis postea nihil esse superfluum.
Coartata scientia iucunda non est.1
Impara tutto. Ugo di San Vittore esordisce in questo modo nel suo celebre aforisma. Imparare significa andare oltre alla conoscenza, per imparare bisogna comprendere, capire; egli chiede dunque di capire tutto, di non lasciare nulla al caso. Nulla risulta superfluo, la conoscenza enciclopedica richiede dedizione, ma esalta l’anima che tutto non può realmente comprendere. Conoscere permette di dialogare, crea punti di contatto tra le menti umane; la conoscenza elegge a uno stadio superiore: gli animali sono tali poiché di conoscenza ristretta. Essi, limitati nel loro essere, non comprendono a pieno ciò che conoscono e non sanno o non hanno la capacità di comunicarlo. Dunque vengono considerati inferiori, vivono vite in cui conoscere è sopravvivenza, non diletto. L’uomo, che per diletto apprende, si esalta all’ idea di poter trasmettere per differenti vie le sue scoperte. Egli non vive, non a pieno, senza poter almeno una volta affermare con gaia superbia ‘io so e con voi condivido il mio sapere’. Egli basa la sua conoscenza sulla memoria, poiché nella memoria risiede la vita; scrive e rielabora ogni nuova scoperta ed ogni propria, se pur acerba, riflessione. Spera che un giorno il suo sapere, conservato gelosamente, gli permetta di considerarsi felice o almeno soddisfatto. Rifiuta categoricamente l’idea di poter essere un animale anch’egli, non trova gioia nel non comprendere e ciò lo tormenta. Sospira, piange, grida alla mancanza di conoscenza, ripudia l’idea di non poter apprendere e come unica missione al mondo egli si prodiga nella ricerca di risposte al di fuori della sua portata. Ragiona e riflette su origini mistiche del pensiero e ad esso lega la capacità di assimilare la realtà. Si impone la scoperta, nulla che possa essere spiegato viene lasciato all’ignoto. Fonda discipline, arti, scuole, il tutto con il medesimo fine: trasmettere e sviluppare la conoscenza. Fin da quando ne ha memoria, l’uomo ha trasmesso il suo sapere, mitologico o scientifico che fosse, e mai rinuncerà alla possibilità di apprendere. L’uomo è un essere impuro e da tale vive, ma vi è un solo peccato ch’egli compie e che non riesce a non commettere. L’uomo è avaro, avido di conoscenza. Mortalmente colpevole egli si perdona tale colpa, perdona ogni cosa in nome della conoscenza. Si nasconde nell’ombra di essa, come un figlio si nasconde nelle gonne della madre. Al cospetto della conoscenza la morale stessa, che è vanto e virtù del genere umano, viene declassata da principio fondante a poco più che esule rammarico.
L’uomo, dunque, vuole solo conoscere tutto di questo mondo, poiché nella conoscenza egli é libero nella vastità dell’universo
Martina Paganelli (3H)
1 Impara tutto. Vedrai che in seguito nulla sarà superfluo. La conoscenza ristretta non è gioiosa.