Un giovane signore arringa appassionatamente i presenti. Parla da circa un quarto d’ora, questo moderno Catone che si è scordato già da un pezzo di essere solo su un vagone della metropolitana di Torino.
È bello: alto, moro e con l’aria di uno che conta.
La sua voce strega la platea, tutti ascoltano rapiti. Con la forza delle sue argomentazioni riesce ad appassionare l’intero auditorio, ad eccezione una persona.
Costei lo guarda infatti con aria profondamente disgustata, povera adolescente sbandata che non arriva a comprendere l’elevato pensiero di questo nobile oratore.
Ma il nostro Cicerone (non se ne abbiano a male Catone e Cicerone per il paragone) non se ne cura, e continua imperterrito la sua arringa:
«Oh ma avete visto che schifo ‘sti froci di merda? (citazione testuale)
No, ma ci hanno invasi … a quelli così non dovrebbe essere permesso di vivere, stanno contaminando l’ Italia con la loro anormalità … »
Queste e molte altre perle (e non tutte così fini) escono dalla bocca di questo giovane dio della retorica.
Il pubblico di stanchi pendolari lo ascolta quasi fosse un messia, fin quando:
«Lei è solo un bigotto ignorante!»
Una voce ha osato interromperlo! La ragazzina che prima si dissociava dal discorso del grande retore ha manifestato pubblicamente il suo sdegno!
Gli sguardi del pubblico si accendono, pronti a veder scorrere del sangue. Ma l’emulo di Seneca (scusami, Lucio Anneo … ) non si scompone:
«Come dici, scusa? » Non gli giunge risposta.
Infatti la dissidente, non avendo il coraggio di affrontare la sua ira (ovvero di essere fatta a pezzi, seppur per una giusta causa), è già scesa dal vagone.
Così lui è libero di continuare la sua arringa con un pubblico che gli pende dalle labbra, essendo bigotto quanto lui.
E questa dovrebbe essere la normalità?!?
Ma il vero problema non sono solo quelli così, per carità, bisogna rispettare la libertà di opinione.
No, quelli di cui ci si deve preoccupare sono gli individui che gli danno ascolto.
Purtroppo in Italia non è possibile eliminare tutto questo. Molta gente deve ancora capire che battersi per la libertà di tutti è una cosa che ognuno può fare, non solo i diretti interessati.
Gli Italiani (e non solo loro) credono infatti che lottare per difendere i diritti di altre persone significhi essere identificati con loro. In parole povere: se difendere i diritti degli omosessuali equivale ad esserlo, allora essere contro la deforestazione vuol dire essere un albero. Assurdo, vero?
Eppure è ciò che pensa molta gente, e quindi per questo asseconda senza esprimersi chi urla più forte.
La cosa più triste è però il fatto di non poter invocare una mentalità più aperta senza rischiare il linciaggio.
Evidentemente violenza e chiusura mentale sono diventate la normalità.
Beatrice Costa (3G)