Condannato a morte! Sono cinque settimane che abito con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre agghiacciato dalla sua presenza, sempre curvo sotto il suo peso! Ma quella serata era iniziata per il verso giusto: finalmente una pausa, finalmente un’opera degna di questo nome. Sulle meravigliose note di Wagner il primo atto de “La Valchiria” parve concluso ancor prima di essere iniziato e l’intervallo era per me solo una spiacevole interruzione a quella meraviglia. E finalmente ebbe inizio il secondo atto, ma già dopo pochi minuti notai come, in piccionaia, più nessuno badasse al triste fato di Sigmund. Inizialmente pensai che, semplicemente, non gradissero l’opera, ma poi nell’ombra della sala potei vedere gli occhi di uno di loro e allora capii che qualcosa di terribile stava per accadere. Abbandonai il teatro per andare a Palazzo: le strade erano completamente deserte e pareva che mai anima viva avesse solcato quelle vie. Svoltato l’angolo, entrai a Palazzo, nelle stanze dove intessevamo le nostre trame.
Là, regnava il caos. Ministri in camicia da notte, generali in alta uniforme, conti in smoking, persino il re: c’erano tutti. Ma ancor prima di udire le loro voci capii dai loro sguardi che la loro mente, il loro corpo, la loro completa essenza puntava ad un solo obiettivo: fuggire; le parole avrebbero poi confermato da chi o da cosa, ma in quel momento i loro occhi erano così ebbri di viltà che m’indignai di coloro per cui prima quasi non esisteva differenza tra volontà e azione. Poi seppi, dal ministro della guerra, che il Nemico era sul punto di bombardare la città, al massimo entro un’ora; il dado, dopo cinque lunghe settimane, era tratto. E mentre nel gabinetto del re si elargivano identità false e buoni uscita per isole tropicali o paesi sudamericani, mentre lo stato maggiore della nazione trasmigrava, io, ministro della propaganda dell’iniquo regime che avevo contribuito a creare, parlavo alla nazione per dire che la guerra sarebbe stata oramai ineluttabile, ma che si sarebbe conclusa con un’altra gloriosa vittoria del regime. Il mio ultimo desiderio fu di vedere la fine della mia opera preferita, dell’Opera; nessun altro a teatro sapeva ciò che era oramai imminente.
E ora il rogo di Brunilde ci avvolge.
Valerio Pace (2D)