#Promemoria_Futuro

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promemoria1Promemoria. Un appunto nell’agenda, un post-it, un numero di telefono scritto a pennarello sulla mano. Un metodo, dal suono dotto e latineggiante, per non dimenticare, insomma.

Auschwitz. Oświęcim in polacco. Fabbrica della morte, soluzione finale della questione ebraica, campo di sterminio. Nome duro da pronunciare e ancor più da visitare.

Promemoria_Auschwitz. Il progetto ideato dall’Associazione Deina e dall’Arci, che da ormai quattro anni procede indisturbato lungo i binari della memoria, guidando i ragazzi verso una maggiore consapevolezza storica del ‘900 grazie agli incontri di approfondimento proposti, sia precedenti sia successivi al viaggio. Inevitabilmente arriva il momento di partire e coglie alla sprovvista molti partecipanti. Zaino in spalla e via. Il treno, la neve, settecento sconosciuti, tutti pronti a guardare la Storia negli occhi, insieme. Arrivare a Cracovia, visitare il ghetto, il quartiere ebraico, la fabbrica di Schindler, gli ex lager di Auschwitz e Birkenau. In una folata di vento ghiacciato, tutto è finito. Si torna a casa, la valigia un po’ più pesante. O forse è la testa che ciondola di lato, gravata da qualche pensiero di troppo?

Il programma è pensato per sviluppare il pensiero critico dei più giovani in quanto cittadini europei e per introdurli alla complessità del reale in ogni sua sfaccettatura, dal passato al presente. Un percorso che sconvolge, che ribalta ogni certezza, perfino il verso delle lettere dell’alfabeto. Proprio così, perché Arbeit macht frei, il lugubre motto posto all’ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti, ad Auschwitz ha la B rovesciata al contrario. Il prigioniero polacco 1010, Jan Liwacs, fabbro di professione, si ribella nell’unico modo possibile e capovolge un carattere, diventando un simbolo di lotta, un barlume di speranza. Quella lettera invertita rappresenta un monito per i posteri, un lontano ricordo d’umanità, un sassolino lanciato tra gli ingranaggi della macchina nazista.

Anche Deina ha la E al contrario, nel logo dell’associazione. Nel primo stasimo dell’Antigone, il coro di Sofocle usa la parola δεινός, il cui plurale è per l’appunto deinà, per esprimere un’ancestrale ed inquietante unicità antropica: solo l’uomo sa infatti essere terribile e straordinario allo stesso tempo, fragile e forte, costruttivo e distruttivo. Antigone, colei che fu generata per condividere amore, e non odio, ha tanto da insegnare; da questo passo si intuisce che già nella culla della cultura occidentale, la Grecia classica, era chiaro il senso di smarrimento derivante dall’uso illimitato della tecnica e dell’ingegno, che in tempi moderni ha portato ad inenarrabili crimini contro l’umanità.

Promemoria_Auschwitz propone un viaggio che curva le certezze in punti interrogativi. Un viaggio che unisce e contrappone senza mai dividere, un viaggio che continua, una volta rincasati. La comunità viaggiante, la smania di agire ed il senso civico acquisito rimangono, dimostrano ai ragazzi che sono vivi.

Riemersi da un’apnea educativa alla vita quotidiana, i giovani raccontano. Sentono l’impellente desiderio di parlare, di condividere. Sono loro il target di questa iniziativa, la generazione perduta, i famigerati Millennials che si difendono a colpi di likes ed emoticon da un mondo che non riconoscono come il loro. Giovani adulti che vogliono sentire qualcosa, capire, magari per non sbagliare in futuro. Chissà? Bambini nel cuore con un disperato bisogno di un’overdose di emozioni. Ragazzi da vedere, che danno la scossa solo a guardarli. Ogni particella dei loro corpi è in agitazione e fremono dalla voglia di cambiare il mondo. Attenzione: la loro è un’energia inarrestabile, contagiosa, un fiume in piena.

promemoria2Le scale scricchiolanti dell’ostello e il disegno geometrico che compongono sono le loro madeleine di Proust. Un vortice di gradini, una spirale che si avvolge su se stessa, proprio come la storia, che non si ripete ma fa le rime. Con una coscienza sensibile e dei passi meno certi, si avviano verso l’età adulta. Le corde delle loro chitarre vibrano ed i suoni danzano leggeri nell’aria. Il rumore assordante della neve che cade sul filo spinato arricchisce con nuove note la loro melodia. Il rumore del dolore e della morte si mischiano nei campi, forse stonano un po’, ma sono necessari alla buona riuscita della sinfonia. Gli occhi cercano furiosamente un interlocutore a cui lasciare almeno un pezzettino dell’esperienza Deina, qualcuno a cui passare la palla. Le loro penne non si staccano dal foglio.  Scrivono, cancellano e poi riscrivono, pagine e pagine. Prendono appunti velocemente. Imparano in fretta i giovani.

Sono davvero una generazione persa, annichilita di fronte ad uno schermo sicuramente meno spesso del proprio cervello?

Forti della memoria del proprio passato, sono quasi pronti ad agire per cambiare il futuro. Un grido disperato si dimena nei loro polmoni, sgomita. E, prima o poi, irromperà.

Lisa Picatto

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