Quando più e meno stanno insieme

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Il lenzuolo forma una piccola piega dove sta immobile la tua mano destra, ci passo sopra un dito meccanicamente e liscio il tessuto.

Guardo l’orologio, i numeri mi dicono che posso stare qui ancora qualche ora. Sono le cinque e sedici minuti. A quest’ora staremmo dormendo vicini, amore mio, poi io mi sveglierei sentendo il ragazzo dell’appartamento accanto farsi la doccia oltre il muro e starei fermo per non svegliarti, per non causare uno di quei terribili cigolii che sente tutto il palazzo.

Ti guarderei che dormi ancora e nel sonno ti stringi a me perché hai freddo, hai sempre freddo, anche adesso mi sembra che tu rabbrividisca, ma sono solo i miei occhi stanchi.

Guarderei ogni dettaglio del tuo viso – il movimento degli occhi nascosti dietro le palpebre, la bocca semichiusa che sorride ancora, una ciocca di capelli che ricade sul collo e si intreccia alla collana che ti ho regalato io. Ti guarderei fino a che i tuoi occhi non cominciassero a spuntare dalle palpebre e ad avvolgermi nel primo sguardo della giornata.

L’altro giorno mi hai stupito, cosa che del resto capita spesso.

L’altro giorno? Ma era davvero l’altro giorno? Non era piuttosto il mese scorso, o l’estate passata? Non saprei dirlo, lo sai che per me è sempre l’altro giorno.

Ti stavo guardando svegliarti, una cosa che mi piace tantissimo perché vedere come apri gli occhi già con la voglia di sapere che cosa farai nella giornata mi fa sentire bene, il tuo sguardo mi fa capire che con te vicino a me riuscirò a risolvere tutti i problemi che ho in questo periodo.

Quando mi hai sorriso ho accennato con la testa verso il muro e ho detto che avremmo sentito per sempre le canzonette del vicino sotto la doccia.

Tu mi hai guardato seria, con uno sguardo che non penso di averti mai visto prima negli occhi.

Per sempre, hai detto. Per sempre … Chissà cosa vuol dire, per sempre. Nella nostra vita, hai detto, niente è ancora stato per sempre. Non lo sappiamo cosa vuol dire “per sempre”.

Io allora ho scherzato, ho detto che era un po’ troppo presto per pensare a certe cose, ci siamo baciati e siamo stati abbracciati fino a che tu non ti sei riaddormentata, la testa appoggiata contro la mia spalla.

Ho pensato che tutto ciò che volevo era che la prima cosa nella mia vita ad essere per sempre fosse il nostro amore, che fossimo noi due, i nostri progetti. E per me allora era tutto chiaro: per sempre vuol dire che non finisce, che è cominciato e continuerà così. Punto.

Ma adesso, amore mio, ho tanti dubbi. Durante tutte queste notti che sono stato qui, vicino a te, mi sono venuti molti dubbi.

La sola cosa di cui sono certo è che ti amo, anche se forse ora non puoi nemmeno sentire che sono qui. Ma sarà vero? Tu dicevi che secondo te le persone percepivano la vicinanza dei parenti. Mi fido di te, sono qui anche per questo, perché sono quasi sicuro che in realtà avevi ragione tu e ora sai che ti sono vicino.

Su tutto il resto, amore mio, ho tanti dubbi. Ma soprattutto mi sono reso conto che quando tu parlavi di non sapere cosa vuol dire ‘per sempre’ avevi ragione. In tutte queste ore in cui ho aspettato che tu ti svegliassi, che tu muovessi appena una mano per poter finalmente chiamare l’infermiera, il medico e dire ha mosso la mano, l’ho vista, e sentirmi dire aveva ragione, la sua ragazza è davvero forte, ce la farà, presto starà meglio, in realtà avevo paura che tu non ti svegliassi più. Mai più.

Ed è stato così che ho cominciato a pensare, amore mio, che in realtà mai più e per sempre stanno insieme. Voglio dire, se io farò per sempre una cosa, vuol dire che non farò mai più qualcosa di opposto a quella cosa stessa. Se io ti amerò per sempre, non mi innamorerò mai più di nessun’altra donna.

Se tu non ti risveglierai mai più, vuol dire che sarai morta per sempre.

Amore mio, amore mio, amore mio. Continuo a pensare a quella che tu chiameresti la “scena da film” del tuo risveglio, perché vederti di nuovo aprire gli occhi significherebbe averti con me per sempre.

Non appena ti sveglierai ti parlerò di questa storia del per sempre e del mai più, perché voglio sapere cosa ne pensi. Magari sorriderai dicendo che potevo dormire un po’ di più e pensare un po’ meno, come dici sempre quando non vuoi ammettere che dico qualcosa che ti fa commuovere.

Ho notato che i medici e le infermiere mi guardano un po’ stupiti del fatto che io abbia passato qui ogni notte, ma questo è il momento della giornata che ti fa più paura: me lo hai detto molte volte che dover perdere il controllo del tuo corpo e della tua mente per tante ore ti faceva impressione, e io non ti lascerò sola.

Sono quasi le otto, amore mio, e devo andare al lavoro. Prima vado, prima torno, amore mio. Ci vediamo questa sera. Ti amo.

Passo delicatamente un dito sul dorso della tua mano addormentata, mi alzo e vado verso la porta. Mi giro a guardarti ancora una volta. La tua mano non è più dov’era prima. Ora è adagiata sulla pancia, sopra la fasciatura della ferita, poi risale molto lentamente fino al petto. 

Vedo i tuoi occhi aprirsi lentamente, sbatti le palpebre come se ti svegliassi da un sonno qualunque e non da una notte che è durata un mese.

Sono al tuo fianco, piango e rido insieme e la sola cosa che mi viene in mente è che ti sei risvegliata, che non ti addormenterai mai più così. Starai sveglia nella vita con me per sempre.

 

Chiara Murgia (2C)

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