Quando un video può rovinare la vita

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timthumb.phpOk, l’abbiamo visto tutti, il famoso video della filiale di Banca Intesa San Paolo con protagonisti la direttrice e gli impiegati di Castiglione delle Stiviere. Dopo quello, ne sono saltati fuori altri, che hanno avuto però decisamente meno impatto mediatico. Ne abbiamo riso tutti, ma, ripensandoci, potrebbe essere una forma di cyberbullismo?

In fondo, non doveva finire online, perché realizzato per un concorso interno programmato dall’azienda. Qualcosa però è andato storto: ha iniziato a essere condiviso su WhatsApp, e poi la brillante idea di postarlo su Facebook e Twitter. Superfluo dire che in poche ore il video era diventato virale. Katia Ghirardi – questo il nome della direttrice presa di mira dai soliti leoni da tastiera che hanno oltrepassato i limiti di un semplice sfottò – canta, insieme ai suoi impiegati, per competere, in totale privacy, con le diversi sedi aziendali. Il video è goffo, bizzarro, mal fatto, divertente. I dipendenti della filiale appaiono obbligati e senza voglia, oltre ad essere poco intonati. Ha tutte le carte in regola per diventare un tormentone da youtube. Forse è per questo motivo che da quando è stato girato lo scorso giugno è rimasto privato, circolando solamente tra gli ideatori del contest. Seppur la maggior parte dei visualizzatori abbia guardato il video ridendo, altri utenti social hanno distrutto la dignità di Katia e dei suoi colleghi, attraverso meme, hashtag e prese in giro pesanti. C’è chi è arrivato a chiedere le dimissioni della direttrice, a fare osservazioni sul suo aspetto fisico, o addirittura ne ha augurato la morte. Si dovrebbero tenere fuori i cyberbulli da Internet, ma è ancora tecnicamente difficile. Bisognerebbe che prima di digitare stupidaggini si pensasse che il bersaglio è un essere umano fragile e con i propri problemi come tutti, ma questo è (e probabilmente rimarrà) ancora più difficile.

Sergei Molinari

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