Una luce accesa, lì dove lei sa bene che c’è lui, una luce accesa.
“Chissà cosa sta facendo … sarà impegnato? Si starà annoiando?”.
Magari non è lui, ma la luce è accesa e questo basta per alimentare in lei un po’ di speranza. Potrebbe andare a salutarlo, gli aveva già detto che sarebbe passata se avesse avuto tempo. Sa che non entrerà mai. Fissa la finestra accesa. “Entra, entra!” dice a se stessa. Una signora le passa davanti e la guarda. Inizialmente pare incuriosita, poi, come se avesse capito tutti i suoi sentimenti le sorride. Il suo sorriso è pieno di comprensione e le scalda il cuore. “Sai che non entrerai mai, ma allora vattene, prosegui per la tua strada”. Le gambe sono immobili. Passano altre persone, lei non le guarda in faccia. I suoi occhi sono ormai ipnotizzati dalla luce fredda proveniente da una lampadina, che illumina quella finestra. Si rende conto, tuttavia, della loro presenza e capisce che la stanno guardando, percepisce che il loro sguardo è poco diverso da quello della signora di prima. Si sente confortata. Sa che non si muoverà, si rassegna. Si siede. Decide di non fissare più la finestra. Inizia a vagare con la mente, si rifugia nei suoi ricordi. Passa un’ora. Lei nemmeno se ne accorge. Si spaventa al pensiero di quanto è rimasta lì per nulla. Si arrabbia con se stessa.
Alza lo sguardo, la luce è spenta. “Codarda, codarda, sei solo una codarda …” ripete a se stessa come una litania. Se ne va.
Aimar Domiziana (2B)