C’è un filo rosso che avvolge il mondo. Un filo che parte dagli Stati Uniti e tocca il Brasile, arriva in Francia, stringe l’Ungheria e la Polonia, poi torna giù in Italia, raggiunge la Russia passando per l’Austria. Un filo che esce dalla bocca di politici, che scaturisce dalla penna di giornalisti, che si diffonde a partire dalla tastiera di un computer. Un filo che diventa sempre più spesso con il passare del tempo, ogni volta che viene negato un diritto fondamentale o che viene attaccata la libertà individuale. Un filo color rosso sangue, che non si recide con un paio di forbici o ganasce. Un filo che uccide come un cappio al collo. È il filo dell’odio, il filo del razzismo.
A lanciare l’allarme è il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Nel rapporto del 25 Aprile 2018, l’ONU sostiene che la salita al potere di nazionalismi populisti ha portato alla crescita del razzismo, le cui vittime principali sono i rifugiati, le persone senza cittadinanza, i richiedenti asilo, gli stranieri. In poche parole, “i diversi”. Nel report viene inoltre sottolineato che alcuni leader nazionalisti, e opportunisti, spendono milioni di euro per divulgare deliberatamente false informazioni, soprattutto sugli stranieri e sui migranti. Molti politici, per ottenere consenso, ricercano capri espiatori, vittime sacrificali a cui dare la colpa per le proprie debolezze e incapacità, per i propri fallimenti e limiti personali. L’odio è uno strumento essenziale della retorica del capro espiatorio: si individua un fantoccio su cui orientare, anche violentemente, il risentimento sociale, evitando di affrontare le responsabilità e i vincoli che la realtà impone, utilizzando abilmente fake news o diffondendo solo una parte delle notizie. Tutto ciò ha portato alla marginalizzazione di un largo settore della popolazione e alla restrizione dei diritti umani. Per capire che le preoccupazioni dell’Onu non sono solo parole basta aprire un qualsiasi giornale o accendere la TV su un qualunque notiziario. In tutto il mondo, partiti populisti di estrema destra guadagnano consenso, insistendo su campagne elettorali discriminatorie e intolleranti.
Una vicenda esemplare è la vittoria di Jair Bolsonaro alle ultime elezioni presidenziali in Brasile. Ha vinto un uomo che ha dichiarato apertamente il suo disprezzo verso gli omosessuali, le donne e i neri, che non prova compassione o rimpianto per gli innocenti morti in guerra e che esalta la dittatura militare. Anche gli Stati Uniti, dal canto loro, possono vantarsi di avere un presidente considerato da molti razzista e misogino, con il suo muro ai confini con il Messico; mentre in Europa non hanno nulla da invidiare l’Ungheria di Orbán e la Russia di Putin. Basta anche solo guardare in casa nostra per notare che alcune leggi recentemente entrate in vigore non rispettano la Costituzione. Non è nemmeno un caso che i crimini d’odio siano aumentati: in Italia è stato registrato un incremento del 935% di episodi di razzismo e xenofobia tra il 2012 e il 2016. D’altronde se questi politici hanno messo radici è perché hanno trovato un terreno fertile dove crescere. Con il loro odio fomentato ingegnosamente da fake newse pregiudizi, molte persone hanno trovato legittimazione ai propri pensieri marci che prima nascondevano dietro ad un muro di finta e forzata vergogna. Quelle stesse persone che comunque non riuscivano a contenere una smorfia quando un uomo straniero gli si sedeva accanto o a trattenere un’occhiata di disprezzo verso due uomini che si tenevano per mano. Se prima però avevano troppa paura di parlare, adesso sono usciti come ratti per seguire il loro leader, frustrati e pieni di rancore per il tanto tempo atteso, pieni di speranza nel vedere qualcuno affondare per soddisfare finalmente il loro bisogno di sentirsi superiori, quando non sono altro che un fallimento della cultura e dell’educazione, privi di qualsiasi empatia e generosità verso il prossimo.
Mentre il filo rosso soffoca il mondo, rendendo gli occhi indifferenti e i cuori intolleranti, duri e pesanti come macigni, numerosi movimenti e associazioni si impegnano per decorare questo buio e cupo paesaggio con colori di speranza: Amnesty International, l’ANPI, l’ARCI, Libera, ma non solo. Scrittori come Roberto Saviano, cantanti come Claudio Baglioni, attori come Samuel L. Jackson, musicisti come Roger Waters. L’ex frontman dei Pink Floyd, nei suoi concerti in giro per il mondo, non si fa problemi a denunciare apertamente numerosi governi e persone influenti. Durante la celebre canzone Another Brick In The Wall, la parola “Resist” riecheggia in tutta la sala dei palazzetti, dalle magliette dei bambini che cantano sul palco alle migliaia di fogli sparati in aria in mezzo alla folla. Il cuore politico dei concerti però è le canzone Pigs: mentre il maiale Algie volteggia sopra le teste degli spettatori, sugli schermi dietro al palco appaiono i nomi di politici come Donald Trump, Vladimir Putin, Marine Le Pen, Viktor Orbán, Sebastian Kurz, Nigel Farage, Jair Bolsonaro, seguiti dalla frase “Resistete al fascismo. Resistete al razzismo”. La forte ed esplicita protesta di Roger ha causato al musicista inglese non pochi problemi, ma questo non lo ha fermato nella sua battaglia, che ha condito con una buona dose di sfacciato sarcasmo. Non sono mancati commenti sottili sul nuovo governo brasiliano nel suo concerto del 9 ottobre a San Paolo, per esempio, e ogni suo show non può definirsi tale se non compare almeno una volta l’immagine di Trump-maiale.
La lotta alle discriminazioni e al razzismo può partire da ognuno di noi. Esemplare è stata Margherita Ciancio, studentessa di lettere di Bologna, che ha scritto una lettera per chiedere a tutti gli intellettuali, soprattutto quelli che hanno una certa posizione di spicco, di unirsi per dire basta a questa corrente di odio sempre più intensa che avvolge tutti noi. Scrive: “Penso che sia di fondamentale importanza, per continuare a considerarmi degna, impiegare qualche risorsa a mia disposizione perché questo soffio flebile sopravviva e si rafforzi e, anche solo indirettamente, incida. Che almeno ci si provi. Per questo mi rivolgo a te: ti affido il mio sospiro, sperando che ti raggiunga carico di energia, di determinazione, di rabbia anche – sempre e solo a patto che questa rabbia sappia conservarsi onesta e temperante e rispettosa, indirizzata piuttosto verso e per le cose e non contro le persone”. Per poi concludere: “Io mi domando e dico: che cos’altro stanno aspettando personaggi pubblici e intellettuali di ogni ambito ordine grado a schierarsi in massa, in prima linea, per sostenere duramente e inequivocabilmente la libertàd’espressione? Scrittori, giornalisti, musicisti, registi, attori, artisti, pro-fes-so-ri! Dico a voi! Adesso è il momento di mobilitarsi: tra molto poco potrebbe essere troppo tardi. Avete qualcosa che io non ho: la visibilità, un ruolo istituzionale. Avete potenzialità – e di riflesso responsabilità –superiori a quelle che posso vantare io, personcina qualsiasi che il mio seme quotidiano ce l’ho messo, ce lo metto oggi nel mio piccolo, esponendomi. A voi la palla”. Come risposta, più di 250 professori universitari e figure rilevanti del mondo della cultura e della scienza hanno firmato una lettera contro i provvedimenti del governo vigente. L’appello è ancora aperto e solo al raggiungimento di un numero definitivo sarà inviata al capo dello Stato. Non è l’odio, non è l’intolleranza, è il messaggio di Margherita Ciancio e di Roger Waters che bisogna diffondere: “Resisti. Resistete al fascismo. Restate umani.”
Elisa Buglione-Ceresa