Scriviamo qualcosa su Parigi. Me lo impongo. Anche il computer me lo impone. Ha aperto di sua spontanea volontà la pagina di word… è destino. Cerchiamo di non fermarci mai a rileggere però, vediamo cosa ne esce fuori.
Manca poco al mio ritorno. Sarà banale dirlo, ma sembra veramente ieri quando tutto questo era appena iniziato. Non so per quale strano motivo ma questa città mi ha risucchiata nel suo vortice di azioni e di reazioni. Mi sembra di non avere più tempo per nulla. È tutto così bello e così vivo che ha bisogno di energia per essere vissuto pienamente. Tutto si muove veloce. Una metro, poi un’altra, e un’altra ancora, fino a sera. Un’ora di lezione, francese, poi storia e poi pausa. Fuori per una sigaretta. Mi stropiccio gli occhi e sono a casa per cenare.
Vola tutto quanto. È meraviglioso. È maledettamente veloce. Sto cominciando a pensare al ritorno. Non solo a Torino, ma a quella fottutissima banalità che ormai non è più la mia. In una città che non mi appartiene, ma che del resto non mi è mai appartenuta.
Certamente riabbracciarvi sarà altrettanto bello, ma qui comincio a sentirmi a casa. A capire come comportarmi con persone non straniere, generalmente chiuse e diciamo pure un po’ bigotte che però stanno diventando, per alcune, e sono già diventate, per altre, parte della mia nuova famiglia. L’adorabile Isabella, che, nel momento in cui abbiamo parlato per ore al ristorante lo scorso sabato, si è aperta con me, come io ho fatto con lei, vedendo davanti a me una persona vera. Sincera. Per la prima volta nella mia vita.
La splendida e intelligente Carmen con cui ho potuto avere conversazioni politiche e sociali sugli stereotipi umani. Non continuerò oltre. Avrei cosi tante cose da raccontare ma questo basta per far capire quanto sarà dura. Per far capire quanto queste persone rimarranno per sempre nel mio cuore. Avrò il piacere di ritornare a Parigi, ma non sarà lo stesso. Poi in futuro, non si può mai sapere dove deciderò di andare…
Vedo ancora una volta la Senna dalle metro. È mattina e la nebbia copre il fiume e le barche. L’ho sempre detto che questa è l’atmosfera che più si addice a questa città…
Non posso giudicare globalmente tutte le esperienze all’estero fatte da tutti gli studenti italiani. Per alcuni, come me, è andata bene, per altri invece un po’ meno. La cosa che ho capito è che è veramente necessario andarsene, e solo uno studente che ha fatto questa esperienza può percepire ciò di cui sto parlando. Le parole, adesso mi escono veloci, probabilmente perché ci tengo a farvelo sapere.
Andare all’estero per qualche mese, o per un anno è davvero una cosa pazzesca, non tanto per la lingua o gli amici che ti fai, o tanto meno per la cultura nuova che cerchi di abbracciare, almeno non solo.
Credo che lo sia e basta. Scappare per un po’, poter essere te o qualcun altro, chi vuoi. Prendere la tua vita in mano e scegliere qualcosa sapendo che ti stai buttando nel vuoto, come avevo scritto all’inizio della mia esperienza. Ecco, credo che cadendo all’indietro, al punto di arrivo, sarai tu stesso a prenderti. Perché alla fine di tutto, avrai lasciato un pezzo di cuore, ma sarai ritornato con un nuovo, unico ed indimenticabile frammento, di te.
Carolina Sprovieri (4B) – corrispondente da Parigi