Per una settimana circa, l’italiano medio è passato da: “Stasera esci?” a “Ma tu sei o non sei Charlie?”.
E’ sempre più incredibile come l’ipocrisia perbenista sia occasionalmente in grado di diventare paraocchi di moltissime persone, sempre pronte a metter mano alla tastiera per trasformare il silenzio a volte indispensabile in un’insipida tendenza. Si arriva perfino a commercializzare un evento che realmente non è neppure debitamente approfondito. E pare che il destino di chi s’informa sia quello di imbattersi in una paura mondiale che incombe insieme all’incertezza, tanto sui singoli quanto sulle figure ed enti pubblici. Perché, nonostante le manifestazioni francesi e di recente anche danesi) e la solidarietà dell’Europa intera, prendere posizione continua a essere difficile. La stessa Parigi manifesta grandi incertezze: a circa 50 giorni dall’attentato, il Memoriale dedicato ai vignettisti e ai civili deceduti a gennaio continua a essere bersaglio di vandalismi. Nemmeno la cara vecchia Disney sembra avere le idee chiare; per il n.3089 di Topolino era stata prevista una copertina a tema nella quale vari personaggi tengono una matita in mano, ormai tipico segno di solidarietà nei confronti di Charlie Hebdo. Questa copertina non ha però mai visto la luce del Sole, poiché sostituita da un’altra, priva di ogni tipo di riferimento. Il settimanale stesso, che con grande coraggio ha annunciato il proprio ritorno non è in grado di trovare nuovi vignettisti. La paura si diffonde più facilmente dell’iniziativa, e sembra che ogni angolo del nostro continente sia una potenziale vittima di un secondo 11 settembre. Nel frattempo le statistiche parlano chiaramente: il giornale che contava 10.000 abbonati prima dell’accaduto, ne può ora vantare 220.000. E i sui social network si parla di essere o non essere Charlie, di libertà di stampa ed espressione tra blasfemia e satira. Dalla mostra a Milano sulle tanto discusse vignette fino alle dichiarazioni di Papa Bergoglio, moltissime sono le opinioni a riguardo.
La parola satira deriva dal latino satura lanx, nome con cui era chiamato un piatto ricco di primizie destinato ad essere offerto agli dei. Il genere letterario che oggi riconosciamo come satira deve però le sue origini alla Grecia antica, ed è da sempre rivolta alla politica, alla società e alla religione. Dunque la storia della stessa parola sembrerebbe poter giustificare le scelte del settimanale, attribuendo agli assassini anche un attentato alla libertà d’espressione. La questione, però, è molto più complicata, perché come tutti sappiamo ogni libertà è limitata da un’altra. Pertanto, fino a che punto arriva l’innocenza dei vignettisti? E’ giusto difendere a spada tratta Charlie senza nemmeno conoscerlo, senza considerare le conseguenze morali delle sue azioni in vita? Si tratta senza dubbio di punti di vista che dipendono da vari fattori. E’ una sentenza impronunciabile, una nuova satura lanx, in cui gli ingredienti sono le diverse opinioni e posizioni. Anche se è evidente quale sia la più grande violazione dei diritti umani, gli interrogativi e le preoccupazioni sono spontanei, date queste ultime notizie. L’Occidente sempre pronto a lanciare il sasso ha il terrore di una risposta, e con gli occhi dell’ipocrisia vede solo il danno maggiore. Al tempo stesso, anni di conflitti silenziosi si trasformano in fatti, concreti e cruenti, in cui l’amore sempre profetizzato dai libri sacri si nutre di odio e di morte.
Si vive in una modernità che non si sa sfruttare; non a fin di bene, perlomeno. Il denaro e la sete di potere hanno tristemente più importanza dell’amore, mentre quest’ultimo si vede travolto dalla violenza irrazionale, e le televisioni diffondono rabbia e preoccupazione. Eppure c’è chi pensa che jihad sia il nome di una nuova pizzeria-kebab. Chissà se servono la satura lanx!
Diana Greco Ciobanu (3B)