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eserciziMi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, è latte, il gatto deve avere di nuovo problemi di stomaco, faccio una colazione leggera con lo yogurt magro privo di grassi sapori e consistenze, sento un gran rumore venire dall’alto, forse il tizio che abita di sopra ha fatto cadere un mobile, esco di casa in ritardo vestito con una t-shirt a brandelli e dei vecchi pantaloncini militari, una secchiata d’acqua di proporzioni cataclismiche si sta svuotando, il cielo deve avere forato una nuvola, corro con gli occhi chiusi, attraverso le strisce pedonali, una bicicletta scivola, un’auto la evita, sbanda e mi sfonda la cassa toracica contro un palo, finisco di vivere.

Mi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, è latte, quello stupido gatto avrà sboccato di nuovo, fanculo, merda, se il nervoso si vede dal mattino questa sarà una giornata davvero di merda, ho lo stomaco chiuso, non riesco a fare colazione, esco dal portone e dal cielo sovraccarico arriva un tuono che sembra una bombardata, cominciano le prime gocce, lo sapevo, giornata di merda, almeno sono in anticipo, torno dentro, piglio l’ombrello, esco sotto il diluvio, mentre cammino vedo un incidente in diretta, una bici scivola, un’auto sterza e si schianta contro un palo, che sfiga, vado a vedere come sta il conducente, quello in bicicletta si rialza e scappa via come un salmone sotto una cascata, la ragazza che stava alla guida sembra ridotta male, mi guarda toccandosi la fronte poi storce gli occhi e sviene, la porto in ospedale, mi chiedono se sono parente, dico di sì, resto con lei fino a quando riprende i sensi, ci parliamo, ridiamo, settimane dopo ci baciamo, quattro mesi e siamo sposati, un figlio, poi un altro, poi divorzio, divisione dei beni, rancori, tragica perdita del figlio maggiore, riconciliamento, ictus, lapide.

Mi sveglio, alzandomi dal letto scivolo su qualcosa di umido, la scatola cranica si apre contro lo spigolo del letto, una settimana di coma, tre mesi per riacquistare l’uso degli arti superiori, otto per quelli inferiori, il primo giorno che esco dall’ospedale prendo la decisione di passare il resto della mia vita per mare, il giorno seguente faccio le valige, chiamo un taxi e nessuno mi vedrà mai più.

Mi sveglio, sento odore di latte, guardo il pavimento e vedo una macchia bianca, decido di portare il gatto immediatamente dal veterinario, chiamo al lavoro e dico che mi prendo un giorno di malattia, faccio una colazione abbondante con latte muesli e un muffin al cocco, esco col gatto in braccio e un tuono fortissimo lo fa schizzare via come un razzo, inizia a piovere, lo inseguo per un po’ poi ne perdo le tracce oltre un recinto arrugginito, era il gatto di mia nonna, ci sono affezionato, decido di non gettare la spugna e mi getto oltre il cancello, sembra tutto abbandonato, provo a sfondare una porta a vetri ma mi squarcio la mano e un allarme comincia a tuonare, sto perdendo un sacco di sangue, la polizia mi raccoglie che sono svenuto a faccia in giù con le gengive sul cemento, mi sbattono in galera e vengo accusato di stupro e omicidio, l’aggressione era avvenuta proprio in quel quartiere, il sospetto aveva esattamente le mie sembianze ed era stato visto scappare oltre il recinto che ho scavalcato per cercare il gatto, la stuprata era figlia di potenti, vengo incarcerato senza regolare processo, la condanna è per l’ergastolo ma, dopo otto anni e tre tentativi di fuga mi impicco al tubo della doccia.

Mi sveglio, decido che oggi sarà una bella giornata poi apro gli occhi, scendo dal letto ed evito una macchia di latte, prendo dello scottex e nel pulirla noto la macchina fotografica dietro un piede del letto, credevo di averla persa mesi fa, dentro ha ancora un paio di foto, faccio colazione con una mela ed esco, fuori c’è un bel sole, tira un’arietta primaverile, faccio una bella foto di un cane che acchiappa un fresbee e va a sbattere contro una vecchietta che si legava le stringhe, me ne rimane una, dietro l’angolo c’è un gioco di luci interessante, punto, focalizzo, scatto e mi rendo conto che il gioco di luci è un velivolo metallico sospeso sopra la cima dei palazzi, l’oggetto schizza via ma la mia foto l’ha immortalato in alta definizione, sviluppo il rullino e vendo la foto dell’ufo ai giornali di tutto il mondo, mi arricchisco e vivo nel lusso per un po’ sino a quando una sera che sono in veranda a fumare un raggio azzurrino mi risucchia nello spazio, vengo portato su un pianeta alieno e lì comincio ad assimilare gli usi e i costumi degli autoctoni locali, dopo un tempo indefinito anche la mia fisionomia inizia a cambiare, pelle, struttura ossea, organi interni si modulano e si adattano al nuovo ambiente, in breve abbandono completamente la mia identità umana e muoio su quel pianeta con un sorriso stampato sulle mie due dentizioni.

Mi sveglio, realizzo che oggi è un giorno in cui potrebbe succedere tutto e niente, ci penso su, domani sarà lo stesso, richiudo gli occhi e mi riaddormento per svegliarmi ancora.

Guido Bertorelli

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