Scuola: non c’è posto per noi

Tempo di lettura: 3 min

 

ProtesteIndignados? Precari? Cassaintegrati? No, peggio, sognatori caduti: ragazzi che vogliono mantenere viva la cultura, sempre meno valorizzata, ai quali sono state chiuse tutte le porte. Per i prossimi (minimo) dieci anni gli aspiranti insegnanti dovranno rivedere le proprie ambizioni e ripiegare su quei pochi settori che ancora sono in grado di offrire un lavoro.

Perchè ad avere il sogno di insegnare sono in troppi: troppi precari che da anni aspettano il proprio turno, troppi professori il cui pensionamento è paradossalmente ogni anno più lontano, troppe cattedre occupate da persone alle quali non importa assolutamente nulla del proprio lavoro, ma che col passare degli anni (anni di classi tediate dal disinteresse del proprio docente) hanno guadagnato una marea di punti immeritati in graduatoria. E fuori dalle scuole, in piazza, i giovani del Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio) insieme a centinaia d’altri laureati, laureandi e liceali protestano per il lavoro che non avranno mai e che avrebbero voluto non di certo per il lauto stipendio, ma per soddisfare la propria passione: crescere la popolazione del futuro.

In mancanza di soldi (che novità … ) il governo, in particolare il Ministro Gelmini, ha infatti deciso di firmare entro ottobre un decreto che riserverà le prossime cattedre ai precari, tagliando del tutto fuori i neolaureati. Ecco i numeri de “La Stampa”:

“I numeri in effetti non sembrano dare molte speranze a chi ha studiato, o sta studiando, per diventare insegnante: «Il fabbisogno nazionale previsto per i prossimi anni è pari a circa 230 mila insegnanti; il numero dei docenti abilitati e non ancora entrati in ruolo è di 230 mila», è spiegato in un documento del Clds. Siccome la matematica non è un’opinione neppure nella scuola di oggi, «gli accessi all’abilitazione saranno pressoché nulli fino a quando non verranno riassorbiti tutti i precari». «Per nuove abilitazioni e nuove assunzioni, insomma, ne parliamo fra dieci anni», ci spiega Francesco Magni, 24 anni, studente di giurisprudenza alla Statale di Milano e presidente nazionale del Clds. «A giugno – racconta – abbiamo visto le tabelle che stimano il fabbisogno di insegnanti, dalle elementari al liceo, per i prossimi tre anni. Facciamo l’esempio della Lombardia: a parte i precari che verranno immessi in ruolo, resteranno due posti per professori di storia dell’arte, zero per lettere, zero per greco e latino, sette per matematica». “Michele Brambilla.

Nulla di più scoraggiante. E se da un lato è più che giusto che chi ha aspettato per tanto tempo abbia finalmente la possibilità di ottenere la cattedra fissa, dall’altro penalizzare un’intera generazione è un delitto, soprattutto quando c’è chi è fossilizzato da anni nelle scuole, ma non ha né le capacità, né la voglia che potrebbe offrire uno qualunque dei ragazzi che ora protestano in piazza.

Si è spesso parlato di meritocrazia applicata agli alunni, ma se davvero i soldi sono così pochi, per quanto complicato bisognerebbe cominciare a valutare chi si merita davvero di stare dietro ad una cattedra.

Piccola nota autobiografica a fine dimostrativo: una delle mie maestre alle elementari, controllando tutti i compiti in classe di geografia, aveva corretto la parola “lago” in “lagho”, rimproverando gli alunni per la scorrettezza grammaticale. Alunni che rimasero molto perplessi, ovviamente. Chiusa nota autobiografica, giusto per confermare che certe bestialità non sono frutto delle esagerazioni del sentito dire.

Ma ancora una volta al buon senso si è preferito il contentino popolare, la soluzione più semplice e la scuola e il suo mondo, come sempre, più che il motore di un paese hanno fatto la parte della palla al piede del governo. Del resto se non brilliamo nella classifica europea sull’istruzione un motivo ci dovrà ben essere. Nessuna meraviglia però: quando il gruppo che si occupa dell’aministrazione di un paese più che a un governo assomiglia ad un circo di tristi personaggi che fanno le corna nelle foto ufficiali, che si soffiano il naso nel tricolore, che appoggiano apertamente la strage avvenuta in Norvegia quest’estate e infine che macellano senza pietà il primo fra i settori di questo paese che andrebbe salvaguardato ma, in compenso, investono ingenti somme di denaro in quello bellico … Quando sono questi i nostri traghettatori, della cultura possiamo anche scordarcene.

Eugenia Beccalli (5F)

74410cookie-checkScuola: non c’è posto per noi