Se una radio è libera … ma libera veramente

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Era la domenica di Pasqua del 1964 quando l’irlandese Ronan O’Rahilly e i suo Dj trasmisero per la prima volta dal Mare dell’Irlanda, da Radio Caroline. In quegli anni l’Inghilterra era la patria del rock e vantava gruppi come i Beatles o i Rolling Stones, ma allora il canale nazionale BBC trasmetteva solo due ore di quel genere alla settimana, fu per questo motivo che personaggi come O’Rahilly si sentirono in dovere di aprire stazioni “pirata” sparse intorno l’Inghilterra: queste stazioni clandestine riuscirono a radunare 25 milioni di persone, quasi metà dell’intera popolazione britannica. <<Tra loro c’ero anch’io, avevo dieci anni e mi addormentavo con la radio sotto il cuscino>> dice Richard Curtis, regista di “I Love Radio Rock”. La sua frizzante commedia del 2009 è infatti un omaggio a Radio Caroline e a quegli anni ’60 che furono l’età d’oro del rock, delle gonne corte e dei capelli lunghi, ma soprattutto di quei giovani che con vestiti colorati gridavano alla pace e si opponevano alla rigidità del sistema, usando come guida le parole di John Lennon e Jimi Hendrix. Il governo li temeva, considerava il rock come “la danza del diavolo” oppure “un esempio immorale” a causa dell’ambiguità dei testi a doppi significati. Anche all’interno del film di Curtis, Sir Alistair Dormandy, con il compito di rendere illegali le radio pirata, infatti, afferma: <<Quelli di Radio Rock sono topi di fogna. Senza una morale>>. Nella realtà, Radio Caroline dopo l’emendamento della legge del 1967 che vietava le radio pirata in tutta l’Inghilterra, compreso il Mare di Irlanda, dovette spostarsi del Mare del Nord, dove gli olandesi non avevano ancora preso provvedimenti. Ciò nonostante, pochi mesi dopo la BBC inaugurò un canale che conteneva i generi musicali che erano solite a trasmettere le stazioni clandestine. Da questo momento iniziò il declino e nel 1972 Radio Caroline chiuse completamente i battenti. In “the boat that rocked” (titolo originale del film) la fine della storia è stata modificata, la nave pirata affonda nel tentativo di scappare al governo, ma è una fine simbolica quella di Radio Rock. Rappresenta la fine di quegli anni ’60 in cui le radio erano padroni della musica, ma che pian piano furono sostituite prima dalle cassette, poi dai cd e infine dagli I-pod. La fine del film, però, contiene anche una morale, perché lo spettatore si accorgerà che c’è una cosa che non cambierà mai, come dice il Conte (uno degli otto dj fittizi): << Anni che vanno, anni che vengono e i politici non faranno mai un cazzo per rendere il mondo un posto migliore! Ma ovunque nel mondo, ragazzi e ragazze avranno sempre i loro sogni e tradurranno quei sogni in canzoni>>. E questo ciò che ti ricorda “I Love Radio Rock”: che Radio Caroline è servita a qualcosa: a far sperare e sognare una generazione, ma soprattutto che quei sogni sono rimasti ancora tutti interi nelle generazioni a seguire, perché sono pronti a ripartire ogni volta che la musica ricomincerà a suonare.

Sofia D’Angelo (4C)

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