I verbi sono utilizzati dall’uomo per descrivere un’azione fatta o subita, alcuni di essi però , a seconda dei punti di vista, vanno oltre questo compito oppure si fermano prima. Questi verbi sono chiamati servili, proprio perché servono a conferire una particolare sfumatura di significato al verbo che li segue ma soli non hanno senso compiuto. I verbi servili descrivono tre aspetti dell’animo umano e del suo agire, i tre aspetti che in questo periodo più mi affascino ed a loro, a questi enti ideali, così come alle loro negazioni, dedico le mie più recenti riflessioni …
Potere
Non avere impedimenti, essere privi di vincoli, completamente liberi di agire senza alcun tipo di impedimento; è questo il potere, la condizione a priori perché un’azione sia portata a termine, è il verbo della libertà, delle infinite possibilità, degli orizzonti sconfinati, della gioventù, è il momento prima della scelta, è la speranza . Prima di decidere come agire il nostro pensiero dolcemente fluttua nell’ oceano tempestoso delle possibilità, in esse può farsi trasportare in lieti ed idillici paradisi inesistenti oppure naufragare in tenebrosi abissi . È il sogno, l’umana capacità di evadere dalle circostanze e di scrutare nelle infinite possibilità dell’avvenire, nel turbinio del futuro, dell’indeterminato: esso è il verbo che, come una guida, ci permette di vedere terre sconfinate costellate di gioie e dolori, è l’infinito mare dell’essere, dentro cui ogni cosa può essere, è il mondo della contingenza, del vago, dell’insicuro, di una vuota pienezza d’animo.
Non potere
L’impossibile, ciò che non si può verificare, è ciò che va oltre questo mondo, ciò che non può avere luogo in nessun caso. Non limita il possibile, gli si oppone, senza di esso anche il niente potrebbe manifestarsi. È l’insieme delle cose che mai sono state, non sono né mai saranno … è un’ infinita somma di zeri ,è l’irrazionalità più sfrenata che va oltre ogni principio della logica, è una voragine dentro cui perdersi ma in cui non si può entrare, è senza fondo ma non ha inizio … la sua oscurità permette al possibile di risplendere, il suo nulla separa l’essere dal non essere.
Dovere
Descrive il mondo della necessità, il mondo dove tutto dipende da qualcosa, il mondo di cause e conseguenze, il mondo della razionalità. È il più grande scudo dietro il quale nascondersi, le azioni che egli descrive sono indiscutibili non ammettono altre possibilità, non ammette sbagli, ammette solo sé stesso. Chi si rifugia nel mondo del dovere limita sé stesso per diventare necessario al mondo che lo circonda, per non annegare nell’indeterminatezza e contingenza della realtà in cui si trova. Il dovere limita l’infinità delle possibilità ad un singolo oggetto, prosciuga un mare in burrasca lasciando una goccia! Essa non fa paura ma di certo non placa la sete.
Non dovere
È l’apertura ad un mondo che si riaffaccia sul possibile, è l’evasione dalla necessità; per non soffocare ci si rituffa nella marea degli eventi, concedendosi il rischio di naufragare. Il non dovere non va confuso con il comando negativo: esso è il “dovere non” . Il divieto è, per sua natura, un’ azione che necessariamente non deve compiersi, è un singolo fatto che va eliminato, cancellato.
Volere
Il volere è il più temuto e screditato dei verbi servili, sgradevole all’udito, sintomo di cattive maniere è, ciò nonostante, l’unico che permetta la riconciliazione tra contingenza è necessità. Il volere è dolore poiché è scelta e bisogno ma è anche affermazione, è la salvezza dal naufragio del potere e dal deserto del dovere, è l’affermazione di ciò che si vuole nonché l’affermazione dell’azione che si sta per compiere. È l’unica fonte di emozioni felici e dolorose, tra esse indissolubilmente legate, dà valore all’esistenza, è motore di ogni cosa.
Non volere
Consiste nella negazione di una nostra facoltà , nella paura del dolore che essa ci provoca. Si esprime attraverso l’indolenza e comporta una tragica dispersione nel caso in cui si preferisca essere trasportati dall’abisso del potere o una sofferente e frustrante morte per disidratazione o soffocamento per chi preferisse trincerarsi dietro il cauto e rassicurante dovere. Rifiutarsi di compiere un’ azione è “volere non” non “non volere”, ed il rifiuto, per sua definizione, è una scelta.
È così noi tutti ci serviamo di questi verbi per metterci di fronte alla realtà e per rapportare le nostre azioni a ciò che ci circonda … Ma i nostri verbi si servono realmente di queste tre “entità” ? Sono anch’esse tre semplici verbi oppure tre disposizioni che ci accomunano, tre stati del nostro essere? Sono alla base di ogni nostro gesto, sono le leggi che regolano il nostro agire, per certi versi, noi siamo servi dei verbi servili … il loro smisurato e silente lavoro necessiterebbe una incommensurabile gratitudine ma ciò non avviene perché Potere, Dovere e Volere non sono concetti da noi inventati per meglio descrivere le nostre azioni bensì enti attorno ai quali il nostro animo viene plasmato e dai quali non possiamo prescindere … Il loro compito non è ingrato ma dispotico e noi, abili parlatori, siamo gli inconsapevoli servi dei servili.
Claudio Brasso (5A)