Si comincia dalla scrittura

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ScritturaSemplicemente incredibile. Eccomi qui, davanti a questa sottospecie di foglio di carta virtuale tentando di buttare giù due righe, mentre ancora sono in pigiama con la testa che gira e gli occhi annebbiati dal sonno. Per cominciare bene la giornata, forse no. Di certo, per iniziarla con la scrittura. È il mio primo articolo per il giornalino scolastico in nove anni di lunga frequentazione, quattro se si vogliono cancellare le elementari, dove saper scrivere era cosa ben diversa. Chi me lo abbia fatto fare, ancora non lo so. Sta di fatto che ora mi trovo a dover essere impegnata un giorno in più alla settimana e che tremo al pensiero dei mesi di verifiche che mi attendono nascosti dietro l’angolo, pronti a troncare qualunque altro tipo di attività. Scrittura compresa.

Forse.

La stampa nasce come informazione. Per far sapere gli ultimi avvenimenti, per trascrivere leggi, numeri e quantità di sacchi di grano. Una sorta di archivio molto più affidabile della nostra memoria. Lentamente, sviluppatasi, ha portato nel mondo la capacità di comunicare, in un modo o nell’altro. Di far sapere quali guerre sono scoppiate, quanto ha fatto male l’incidente sulla strada, quanto soffre la gente durante le carestie eccetera. O i libri. Leggende tramandate e sviluppate per racchiudere antichi romanzi di tempi ormai persi. Testi argomentativi su tematiche che tendono a variare dalla costruzione dei mulini a vento al metodo di formattazione del nuovo programma per computer. A testi che parlano di scrittura. Scritti che insegnano a scrivere.

È stata protesta. È stato un metodo di diffusione per tentare di ribellarsi, per tentare di ricevere la libertà che ai giornali e agli scrittori tante e tante volte ancora è stata tolta. Ha aiutato l’alfabetizzazione obbligatoria. Non credo che l’uomo potrebbe più vivere senza stampa. Senza scrittura.

Eppure, oggi, in quest’epoca di consumo e di pavoneggiarsi, di mancanza di serietà e di proteste insulse ed inascoltate, la stampa è o sembra solo un business. Riviste di moda che parlano di liposuzioni applicate ai vip, mini biografie di cantanti famosi, gossip. Perfino i libri di scuola, con il loro metodo di ristampa quasi mensile, non sono altro che un continuo tentativo di accumulare soldi, soldi e soldi.

Non credo esista un solo giornalista che in cambio di soldi non abbandonerebbe il suo lavoro.

Forse è colpa della crisi. Forse è solo a causa del consumismo della nostra epoca che, comunque, presto finirà (si spera). O forse è per il fatto che quelle parole scritte sul foglio di carta hanno perso il loro fascino. Hanno perso la vivacità di un tempo. Si impara a leggere per obbligo e non per passione. Chi scrive lo fa in modo oggettivo, distaccato, togliendo dalle sue parole tutta l’onda liberatoria di un tempo, la voglia di conoscere e far conoscere che ci ha sempre contraddistinto. Si legge per vizio. Per dovere. Per lavoro. I romanzi pubblicati ogni giorno che troviamo nelle librerie sono sempre più commerciali e sempre meno pieni. Solo figure istantanee, senz’anima. Perché perfino lo scritto ha un’anima.

E allora, mentre ancora cerco di capire se oggi è sabato o domenica o forse se anche dovrei muovermi per andare a scuola, colgo quella piccola scintilla di verità che si nasconde tra le righe del testo appena scritto.

Perché non ricaverò niente da questo articolo. Se non forse la soddisfazione stessa di averlo scritto. Non pretendo di sollevare le masse a suon di inchiostro; non pretendo di svelare verità troppo a lungo nascoste; non ho intenzione di svegliare i lettori e di condurli dalla mia parte.

Non ho nessun fine, nessuno scopo.

E questo, paradossalmente, diventa il mio unico e vero obiettivo.

Ritrovare il fascino della scrittura.

Possibilmente, farlo conoscere.

Tornare a scrivere per il solo piacere di farlo.

 

Carlotta Pavese (2D)

 

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