Stati Uniti, Corea del Nord e Corea del Sud. Donald Trump, Kim Jong-un e Moon Jae-in. Triangoli di guerra, invece che d’amore. I sentimenti di conflitto tra l’una e l’altra hanno le loro radici conficcate in profondità nel passato, la fiamma vera e propria, però, si è accesa con la Guerra di Corea nel 1950. Anche se le armi dovrebbero essere state “deposte” ormai da anni, la scintilla di questo fuoco non si è mai spenta del tutto. I leader delle tre nazioni che si sono susseguiti hanno sapientemente mantenuto i cattivi rapporti. Tanto che oggi, 2018, le nazioni sono di nuovo pronte a un eventuale conflitto.
La Corea del Nord si prepara da molto per affrontare gli Stati Uniti. Nel 2006, infatti, cominciarono i suoi esperimenti sulle armi nucleari. Il primo test avvenne il 9 ottobre, quando ancora al governo dello stato c’era il padre dell’attuale presidente, Kim Jong-il. Gli Usa, in risposta, chiesero il blocco della vendita di equipaggiamento militare al paese asiatico. Il 25 maggio 2009 ci fu il secondo test nucleare. La Corea del Nord cominciò a diventare una seria minaccia, che non dava segni di esitazione. Nel febbraio del 2013 venne effettuato il terzo test. L’esplosione, questa volta, fu troppo potente perché il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, rimanesse a guardare. Nel giro di pochissimo tempo, la Corea del Sud venne infatti “ricoperta” di sistemi antimissile bombardieri Stealth in grado di sganciare bombe nucleari. Quarto e quinto test furono rispettivamente effettuati il 6 gennaio 2016 e il 9 settembre dello stesso anno.
Dopo questi, Kim Jong-un iniziò a “fare sul serio”: in meno di un anno, 4 test balistici in successione. L’ultimo avvenne dopo soli settantaquattro giorni di calma da quello precedente, il 28 novembre 2017, attraverso il lancio di un missile tanto potente da minacciare sia Europa che USA. Questo non significa, però, secondo il presidente nordcoreano, che le armi siano state prodotte per essere usate. L’arsenale nucleare è solo un potente deterrente contro le «protratte minacce nucleari degli imperialisti statunitensi». Neanche gli USA sono alla ricerca del conflitto, ma di certo non si tirerebbero indietro se la guerra dovesse scoppiare. D’altronde, secondo Donald Trump, il suo “collega” Kim Jong-un non è altro che un «piccolo uomo razzo» o «un cagnolino bagnato». Un “cagnolino bagnato” che ha armi sufficienti per distruggere continenti interi.
Se il presidente americano non si dimostra tanto preoccupato della situazione, Nikki Haley, ambasciatrice dell’ONU, al contrario, rivolge un appello a tutti gli stati del mondo. Bisogna«troncare le relazioni diplomatiche» e «ogni scambio commerciale» con Pyongyang, «perché quel missile ci avvicina alla guerra». Secondo Russia e Cina, però, anche gli Usa «devono fare un passo indietro», «interrompere le esercitazioni militari nell’area» e «aprirsi al negoziato diretto».
Il primo passo verso la pace lo compiono le due Coree, rispettivamente nemica e alleata degli Stati Uniti. Finalmente anche le ultime scintille del conflitto degli anni ’50 si spengono con una stretta di mano. Kim Jong-un varca il confine del proprio territorio ed entra nel Sud, per parlare di una nuova era di pace. APanmunjom, linea che ha diviso il loro stati per 65 anni, Kim Jong-un e Moon Jae-in si scambiano una lunga stretta di mano. “Siamo una nazione e siamo legati dal sangue, non possiamo vivere separati”, ha detto Kim al termine dei negoziati.
Quindi ora Nord e Sud cercano di ottenere un’isola pura, totalmente priva di armi nucleari. La denuclearizzazione è il loro obiettivo, e di questo “gli Stati Uniti, e il suo fantastico popolo, dovrebbero essere molto orgogliosi” afferma Trump su Twitter.
Jong-un è però davvero disposto a rinunciare all’assicurazione sulla sua vita e del suo stato? È davvero disposto ad abbandonare quel lungo lavoro iniziato nel 2006 e condotto con costanza fino all’anno scorso per collaudare le sue preziose armi di difesa?
Ma soprattutto, quella stretta di mano è davvero un passo avanti verso una pace lunga e duratura, in primo luogo tra le due Coree e in secondo luogo con gli USA? Può darsi, non bisogna però dimenticare che pochi mesi prima dell’armistizio, Kim Jong-un ha aperto il suo discorso di inizio anno con le parole «La nostra forza nucleare è stata completata. L’intera area degli Stati Uniti continentali è sotto il raggio d’azione nucleare». Successivamente ha ripetuto: «Che gli Usa non inizino mai una guerra contro di me o il mio Paese» perché il pulsante per scatenare un’apocalisse è sulla sua scrivania.
Si può quindi dire che siamo a buon punto. Siamo a buon punto, senza alcun dubbio. Per la pace o per la guerra, però?
Isabella Scotti