Sogni, suoni e sangue: l’arte di spezzarsi

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braoNel lato relativamente più acculturato di Tiktok, il noto social su cui molti di noi passano fin troppo tempo, circola la frase “Imma pull a Neil Perry”, che si potrebbe tradurre come “sto per fare come Neil Perry”, come modo di esprimere lo stress causato dalle parti più frustranti della vita. Eppure, nessuno dice mai “Imma pull an Andrew Neiman”. 

Meglio spiegarsi. Tralasciando la bellissima storia che costituisce l’effettiva trama del film L’Attimo Fuggente (1989), saltiamo subito al finale. Neil Perry (Robert Sean Leonard), il protagonista, dopo aver raggiunto il suo sogno ed aver ottenuto un ruolo come protagonista in uno spettacolo teatrale – Sogno d’una Notte di Mezza Estate – a fronte del divieto di recitare del padre, si spara. Il suo gesto è stato preso, con ben poco rispetto, per far diventare virale una battuta, che bisogna ammettere che fa ridere, anche se d’un riso amaro, chi, magari dopo una settimana difficile, non riesce più a sopportare nulla e nessuno e scherzando dice di “volersi ammazzare”. 

E l’altro? Quello che probabilmente nessuno avrà riconosciuto al primo colpo, Andrew Neiman (Miles Teller), protagonista di Whiplash (2014), è un ragazzo timido che frequenta il conservatorio di Manhattan, anche lui con un grande sogno: diventare il miglior batterista contemporaneo. Una mattina Terence Fletcher (J. K. Simmons), conosciuto da tutti per la sua spietatezza ma anche per il suo incredibile talento come insegnante, decide di offrirgli un posto nell’orchestra principale della scuola. Di qui la storia sarà una climax inarrestabile di violenza: i due entrano in conflitto e Fletcher mina la salute fisica e psicologica del ragazzo, che rinuncia alle relazioni e, pur di suonare dal vivo, arriva sanguinante dopo essere stato tamponato da un camion. Il concerto risulta un fiasco, Neiman si ritira, ma torna a suonare, invitato dal suo insegnante, durante il JVC – un importantissimo festival Jazz che si tiene dagli anni Cinquanta a Newport (NY).

Quello che non sa, però, è che il maestro intende umiliarlo per un’ultima volta presentando brani diversi da quelli concordati. Quando lo scopre, in prima battuta abbandona il palco, ma poi stupisce tutti tornando e iniziando a suonare per conto suo. Consapevole delle sue capacità, e dopo un “Fuck you” disegnato con le labbra a Fletcher, gli dà un piatto in faccia, insieme all’attacco di Caravan, suo “cavallo di battaglia” mai perfezionato, e prende il controllo dell’orchestra con cui riesce a entrare finalmente in sintonia. Finalmente “spacca”, dimostrando la sua genialità alla batteria. A questo punto la mano del maestro non può più chiudersi per fermarlo, “quella cazzo di parte” Neiman se l’è guadagnata.

E qui si apre il confronto con altre due figure iconiche della narrativa visiva: Nina Sayers (Natalie Portman), protagonista di Black Swan (2010), e Griffith, principale antagonista del manga Berserk (1997). Proprio come Neil e Neiman, anche loro vivono il conflitto tra il desiderio di perfezione e i limiti della propria umanità, ma i loro percorsi finali assumono connotazioni drasticamente diverse. Nina, ossessionata dal diventare la perfetta incarnazione del Cigno Nero ne Il Lago dei Cigni, raggiunge l’apice solo sacrificando ogni aspetto della sua vita personale e mentale. Nella scena conclusiva, il suo ultimo passo nel balletto coincide con il suo ultimo respiro, in un misto di trionfo e autodistruzione, perfettamente rappresentata dall’abisso in cui la vediamo precipitare durante tutto il film. A differenza di Neiman, Nina non si ribella al sistema ma vi si sottomette completamente, incarnandone le aspettative fino a perdersi del tutto.

Griffith, invece, rappresenta un percorso opposto e molto più radicale. Il suo desiderio di potere e di grandezza, il fantomatico sogno, lo porta a tradire tutto ciò che gli è caro, sacrificando persino i suoi compagni e stuprando la compagna dell’unico amico che ha, per ascendere a uno stato divino. Seppur disumana, la reazione di Griffith potrebbe anche essere comprensibile, se non addirittura giustificabile, alla luce di tutto ciò che ha subito e vissuto. La prigionia alla quale è stato condannato, il tradimento della fiducia riposta nei suoi compagni e, soprattutto, la distruzione del suo sogno più grande – quello di creare un regno dove fosse riconosciuto come unico sovrano – lo portano a un punto di rottura totale. Dopo essere stato torturato fisicamente e umiliato psicologicamente, Griffith si ritrova privato di tutto: il suo corpo, il suo carisma, il rispetto degli altri e persino la sua ambizione. Di fronte a una scelta in grado di schiacciare anche la volontà più ferrea, Griffith sceglie di preservare il proprio sogno a qualsiasi costo, sacrificando ciò che rimane della sua umanità. Nel mondo brutale di Berserk, dove sopravvivere significa piegarsi o spezzarsi, Griffith opta per la terza via, quella della trascendenza, dimostrando come l’ambizione estrema possa trasformarsi in una forza che annienta tutto, persino il concetto stesso di morale. Mentre Nina si consuma per raggiungere il massimo in un singolo momento e Neiman si ribella per dimostrare il suo valore umano, Griffith accetta la trasformazione in un’entità mostruosa e onnipotente. La sua visione finale non riguarda più l’arte o il talento, ma il dominio assoluto.

Ricapitoliamo. Per tutto il film Whiplash, noi impariamo che essere perfetti significa essere rigorosi, puntuali, essere esattamente dove si deve senza rallentare o accelerare per essere, secondo il mantra di Fletcher, “a tempo”. Nel finale, invece, ci viene dimostrato che, in realtà, basta avere il coraggio di crearsi il proprio tempo. Un concetto che Neil, Nina e Griffith non riescono a incarnare: il tempo di Neil non è mai stato e non potrà mai essere; quello di Nina è dettato dalla perfezione artistica e dalla distruzione personale; quello di Griffith è quello eterno e alieno degli dèi. Solo Neiman cerca di riprendere il controllo, anche se la sua ribellione resta aperta a più interpretazioni.

Storie diverse, ma personaggi molto simili e totalmente diversi al tempo stesso. Uno dei principi più ricorrenti nella narrativa è che ogni storia si poggia sul conflitto. Un uomo vuole qualcosa, un altro vuole impedirgli di raggiungerlo. Nelle storie migliori, il conflitto è anche all’interno di sé stessi: un uomo vuole qualcosa, ma fino a che punto, e a che cosa è disposto a rinunciare per averlo?

Per quanto riguarda Neil, non si può parlare di una ribellione vera e propria: rimane uno studente diligente. Quando la sottile linea tra ciò che si pensa di fare e ciò che si può effettivamente raggiungere si infrange, resta talmente deluso, disperato e distrutto da porre fine alla sua vita, chiudendosi ogni porta per alternative migliori.

Neiman, invece, rappresenta una sfumatura diversa nel panorama del sacrificio e dell’ambizione. A differenza degli altri, non si consuma del tutto né si lascia trascinare completamente nell’annullamento di sé. Certo, arriva vicino al punto di rottura: il suo corpo cede, le sue relazioni si frantumano e la sua sanità mentale è messa a dura prova. Tuttavia, l’atto finale in cui si riappropria della scena non è solo un atto di ribellione, ma un vero gesto di sopravvivenza. Non si limita a distruggere il sistema o a sottomettersi ad esso: trova un modo per piegarlo, per dimostrare il proprio valore senza perdere del tutto il controllo sulla sua identità. In un certo senso, la sua sfida a Fletcher non è solo diretta al maestro, ma a un mondo che cerca di ingabbiarlo, e riafferma la possibilità di vivere senza annullarsi completamente nell’ambizione o nelle aspettative altrui.

Non sappiamo, però, come finisca la storia di Neiman: si potrebbe ipotizzare che venga notato dai “grandi” e finisca per suonare in un’orchestra importante; oppure che la sua carriera finisca quella sera, proprio perché non sempre la genialità artistica viene apprezzata. Così come Neil è ricordato per essere stato “bravo, davvero bravo”, Nina per la sua esibizione perfetta ma tragica, e Griffith per la sua ascesa spietata, Neiman resta una figura ambivalente: è l’artista che crea il proprio spazio e che sfida le regole, a costo di essere emarginato. 

In ogni caso rimane uno dei personaggi più riusciti della cinematografia, nonché un esempio, unico nel suo genere, da cui tutti dovremmo imparare. Farla finita sarebbe troppo facile; ribellarsi di fronte al maestro particolarmente sadico, fino a dare di matto o a farsi sanguinare mani e timpani, è infinitamente più bello. 

Stella Camilla Brao

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