Somalia: la tragedia di profughi e rifugiati

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Un’invisibile parte di Africa continua il suo Esodo

Crisi umanitaria, ma le autorità rimangono indifferenti

Un paese dilaniato da una guerra infinita, senza ormai alcuno scopo, vede la propria popolazione attraversare il confine kenyota, in cerca di assistenza umanitaria. L’ultima ondata di profughi (ultimi giorni di febbraio) si compone di circa 15.000 donne e bambini. L’Associazione per i Popoli Minacciati sostiene che il Kenya non riuscirà a sostenere un così alto numero di rifugiati, avrebbe bisogno di maggiore sostegno internazionale.
La situazione dei profughi si rivela drammatica: la mancanza di acqua potabile porta molti a sfruttare quella fluviale, la quale risulta particolarmente inquinata in questo periodo, a causa delle scarse piogge e del conseguente ritiro dei corsi. Molti soffrono perciò di dissenteria.
Quest’ultimo episodio della quasi infinita odissea somala è stato provocato dagli scontri armati fra le milizie Al Shabaab e l’esercito regolare somalo: Belet Hawo (cittadina di confine) ospita le migliaia di profughi, fuggiti da violenze inaudite che per diversi giorni hanno infiammato i confini di Somalia, Etiopia e Kenya. In molti fra i sopravvissuti civili, muovono verso la città di Mandera (Kenya), dove sperano di trovare aiuti necessari. Ma la situazione qui risulta decisamente tesa: la metà dei 70.000 abitanti è fuggita da Mandera, temendo il fuoco somalo.
L’Unhcr si dice indignata, rispondendo così all’urgente appello dettato dalla drammaticità della situazione. Non sapendo come reagire ad avvenimenti di questa portata, l’Alto Commissariato Onu lancia uno sguardo alla vecchia colonizzatrice, raggiunta sempre e comunque da migliaia di somali ammaliati (e soggiogati) dal mito del “buon colono”.
Anche qui, Unhcr denuncia, alla vista di rapporti su un pezzo di Somalia invisibile, nel cuore di Roma. Dal 1990, 140 rifugiati somali abitano l’edificio nel quale aveva sede l’ex ambasciata di via Villini. Circondati da topi e sporcizia, in mancanza di acqua, elettricità e riscaldamento, i 140 somali che via Villini “ospita”, sono immersi in una condizione di degrado eccessiva.
Unhcr denuncia e solo allora il comune di Roma ritratta la sua indifferenza e si propone seriamente di fare qualcosa.
All’Italia manca un sistema funzionante di accoglienza per rifugiati. All’Italia manca il buonsenso per aiutare la popolazione di un paese che ha contribuito a distruggere. All’Italia, infine, manca la coscienza per risolvere un problema umanitario, svoltosi tutto all’interno dei propri confini.
L’Italia è debitrice di aiuti e soccorsi ad una Somalia che, sempre di più, affoga nell’anonimato internazionale.

Iris Canarutto (4D)

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