Piccola riflessione sugli emigrati italiani e sugli emigrati stranieri in Italia.
Mi piacerebbe mettere in comune un lavoro di ricerca che ho svolto l’anno scorso, per l’esame di terza media, e le riflessioni che ne sono nate, perchè penso che possa far riflettere anche delle altre persone. Il tema che io ho portato all’esame è stato il razzismo, approfondendone alcuni aspetti. Ho cercato informazioni in merito a come è nato il razzismo, come si è sviluppato e come si è cercato di sconfiggerlo in luoghi ed epoche diverse.
Tramite la lettura di libri e documenti e la visione di film ho aumentato le mie conoscenze sull’apartheid, sugli effetti del colonialismo nell’Ottocento, sul movimento dei neri d’America e Martin Luther King, sui fenomeni migratori, sulla vita di Chagall, sulle leggi razziali durante il periodo nazista e fascista e sulle difficoltà di integrazione dei popoli nomadi attualmente.
L’argomento che più mi ha interessato è stato il racconto di come è nato il razzismo nei confronti degli italiani emigrati in altri continenti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Io non riesco a spiegarmi come noi in Italia possiamo avere dei pregiudizi nei confronti degli stranieri, in relazione al fatto che gli stessi Italiani hanno subito le stesse discriminazioni. Ho cercato di approfondire l’argomento portando alcuni documenti interessanti sul viaggio degli italiani verso l’America e sul tipo di accoglienza a loro riservata.
Il motivo principale per cui alcuni italiani hanno deciso di emigrare all’estero è molto semplice: le loro situazioni economiche andavano di male in peggio; spesso dovettero lasciare tutti i loro beni e a volte vendere anche la casa, sapendo che, se avessero dovuto ritornare in Italia, non avrebbero avuto più niente.
Il viaggio in nave verso gli Stati Uniti era molto pericoloso. Le persone più indigenti occupavano la terza classe. In ogni cabina c’erano moltissimi letti, le lenzuola venivano cambiate una sola volta durante tutto il tragitto. Le condizioni igieniche erano pessime e molti si ammalavano durante il viaggio.
Le famiglie venivano divise: gli uomini insieme ai figli maschi in una parte della nave e le donne con i bambini dall’altra. Si sarebbero rivisti solo alla fine del viaggio. Dopo circa tre settimane arrivavano negli Stati Uniti. La prima cosa che li colpiva era la Statua della Libertà che accoglieva gli emigranti nel Nuovo Mondo. Di fronte ad esse sorgeva Ellis Island, che dal 1892 al 1954 fu la vera e propria porta per entrare negli USA.
Ad Ellis Island gli emigranti venivano sottoposti ad alcuni controlli per verificare che fossero sani. Dopo veniva chiesto loro se avevano parenti negli Stati Uniti che li avrebbero aiutati a trovare un lavoro, oppure che avrebbero consegnato loro dei soldi per mantenersi fino a quando ne avessero guadagnati da soli.
Sono rimasta colpita dai racconti di questi viaggi; mi sembrava difficile da credere che si potesse partire per intraprendere una nuova vita non avendo alcuna certezza. Dopo aver letto libri, documenti e aver sentito parlare di vite difficili, ho capito che, per sopravvivere o per vivere una vita migliore, si potrebbe essere disposti ad affrontare l’ignoto. Lasciare la casa e la famiglia in cerca di una nuova esperienza è una decisione molto difficile da prendere.
Nel Nuovo Mondo gli americani incominciarono ad avere dei pregiudizi nei confronti degli italiani.
Alcuni documenti ci riportano delle informazioni. Un giovane americano scrive: “Gli italiani che arrivano in America appartengono alla classe più pericolosa dell’Europa. New York diventerà colonia penale per i rifiuti d’Italia”
Un altro giovane scrive. “Lo sporco che li circonda, l’odore di muffa delle loro abitazioni umide, è per loro piacevole e fa la loro felicità, come se fossero in un appartamento lussuoso”.
Dai pregiudizi può nascere facilmente un atteggiamento razzista.
Gli italiani sono stati trattati come estranei e spesso discriminati. Questi atteggiamenti nei loro confronti hanno reso la loro vita difficile, sia per la ricerca di un lavoro, sia per la loro integrazione sociale.
In Italia oggi si verifica lo stesso atteggiamento nei confronti di cittadini stranieri che vengono nel nostro Paese; sono persone costrette a lasciare il loro Stato in cerca di condizioni di vita migliori.
Spesso anche noi li consideriamo inferiori e forse con meno diritti.
Approfondire questo argomento mi è servito a riflettere su un fenomeno che si è verificato in varie epoche e che tutt’oggi è ancora molto presente nella vita di tutti i giorni.
Irene Peiretti (1C)