Terrore

Tempo di lettura: 2 min

TerroreNessuno, neanche il più impavido tra noi era pronto ad affrontare quell’improvvisa minaccia.
Ci piombò addosso con la furia di un esercito barbaro, senza che potessimo minimamente aspettarcelo, senza poter reagire, senza neppure il tempo di pregare o piangere o di fare entrambi.
L’orrore colpì le prime file che stramazzarono al suolo nei tormenti, mentre le retrovie tentavano invano di fare dietro front. Vennero tutti fucilati e in men che non si dica l’intero plotone era infetto.
Il vaccino emotivo che ognuno di noi s’era fatto sparare in vena qualche settimana prima risultò inefficace.
I contagiati più gravi subivano febbri violente, stomaco a puttane, inappetenza, ragionamento annebbiato e demenza.
Gli arcieri nemici scoccavano senza pietà, giorno e notte, notte e giorno, così per mesi e mesi e mesi.
Il mio plotone fu il primo in cui si sparse il virus, da lì in poi, tutti gli altri. Eravamo rimasti senza difese.
Le armate di Cupido non risparmiavano nessuno.
“Amate!” urlavano da sotto i loro ghigni crudeli, “Amate ed Amatevi!” sbraitavano senza un briciolo di pietà.
L’Amore stava trionfando e i nostri scudi cedevano ogni giorno di più.
Il cielo si stava colorando gradualmente di splendori acrilici e nubi acquerellate fluttuavano serene, esibendo quegli strazianti sorrisetti tracciati a pastello. Le visioni ci tormentavano, eravamo tutti preda dell’illusione. Innamorati senza via di scampo.
Finchè, come una grazia di dio, venne inventata la Delusione Romantica Esponenziale, un’arma in grado di reprimere qualsiasi patologia virale dell’Amore. La DRE infondeva salvifiche psicosoluzioni al problema dell’infatuazione, tra cui: tristezza inconsolabile, apatia esistenziale, nichilismo cosmico, pianti a dirotto, perdita di fiducia, inesistente motivazione vitale, stima in se stessi preda di implosioni irreversibili, la conseguente morte del futuro e, per finire, tutto ciò che portava sull’orlo dell’autodistruzione, parziale o totale.
I nostri soldati furono in grado di scacciare le fagocitanti melensaggini di cui erano pregni e schiacciarle sotto il peso della disillusione.
L’Amore era fottuto.
Senza più nessuno a dargli corda, più nessuno disposto a crederlo reale, iniziò a perdere potenza ai reattori del sentimento. Gli arcieri non trovavano più la mira, sfrecciavano a casaccio, privi di pathos nei serbatoi.
La pace era sull’orlo della fine, e finì.
Un’alba d’autunno, le truppe nemiche si ritirarono con lacrime silenti ed il cielo tornò ad essere grigio e rassicurante.
Eravamo tornati liberi.
Finalmente liberi di odiarci di nuovo.
Fu così che la guerra cominciò.

Guido Bertorelli

95980cookie-checkTerrore